Rivolta dei detenuti, Di Giacomo si appella a Bonafede e Speranza: in carcere allarme tubercolosi

Terzo giorno di protesta nel penitenziario di Campobasso, per la carenza di medici e infermieri che compromette l’assistenza sanitaria


CAMPOBASSO. Rivolta dei detenuti per la carenza di medici e infermieri nel carcere di Campobasso, il segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo chiede l’intervento del Garante nazionale dei detenuti “che di solito interviene su tutto, ma che continua a ignorare la situazione”. E scrive ai ministri di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede e della Salute Roberto Speranza.

“Il caso Campobasso – afferma Di Giacomo – è emblematico dei problemi che riguardano l’assistenza sanitaria della popolazione carceraria di tutti gli istituti penitenziari italiani. Due detenuti su tre sono malati. Si stima che gli Hiv positivi siano circa 5.000, mentre intorno ai 6.500 i portatori attivi del virus dell’epatite B. Tra il 25 e il 35% dei detenuti nelle carceri italiane sono affetti da epatite C: tra i 25mila e i 35mila detenuti all’anno”.

Patologie a cui si accompagna la tubercolosi, che riguarda soprattutto la popolazione straniera. “Se in Italia – chiarisce il sindacato del Spp – tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioè di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie sono stati rilevati il 25-30%, che aumentano ad oltre il 50% se consideriamo solo la popolazione straniera. È quindi indispensabile effettuare controlli estesi, perché il rischio che si possano sviluppare dei ceppi multi resistenti è molto alto, con conseguente aumento della letalità nei pazienti in cui la malattia si sviluppa in modo conclamato”.

“In questa situazione – conclude Di Giacomo – è intollerabile che si parli solo ed esclusivamente di assicurare i Livelli essenziali di assistenza ai detenuti, escludendo il personale penitenziario e continuando a sottovalutare i rischi”. Da qui l’appello al ministro Speranza, a rafforzare i servizi della sanità coinvolgendo le Regioni, “a cui sono delegate specifici compiti che non riescono ad assolvere per carenza di personale e di fondi”.

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