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Mai più spaesati: Slow Food lancia la rete dei sindaci dell’Appennino

A Castel del Giudice l’incontro tra i rappresentanti delle comunità delle aree interne. Prevenzione del dissesto idrogeologico e ricostruzione post-terremoto al centro del confronto


CASTEL DEL GIUDICE. “La FAO stima che nel 2050 nove miliardi di persone vivranno sul nostro pianeta. Due terzi di loro, si prevede, abiteranno in aree metropolitane: ma questo non è un processo inevitabile, ed evitare la congestione dei centri urbani serve anche in ottica di contrasto ai cambiamenti climatici. Ecco perché possiamo dire che i problemi dell’Appennino non riguardano solo gli 11 milioni di italiani che vivono in queste aree, pari al 52% del territorio nazionale, ma tutta la popolazione del nostro Paese”. Nelle parole del presidente di Slow Food Italia, Gaetano Pascale, c’è tutto il senso della prima assemblea dei sindaci e degli amministratori dell’Appennino, ospitata a Castel del Giudice. Alla manifestazione, organizzata da Slow Food Italia in collaborazione con il Comune, hanno aderito ActionAid, Cittadinanzattiva, Anci, l’associazione Borghi Autentici d’Italia e l’associazione dei Comuni Virtuosi.
Tanti i temi affrontati: dallo spopolamento alla riduzione dei servizi, dalla promozione di un’agricoltura e un allevamento con caratteristiche peculiari rispetto alla pianura alla lotta contro l’incuria dei territori e il dissesto idrogeologico.

Giovanni Lolli, vicepresidente della Regione Abruzzo, ha ricordato come “lo spopolamento non è uno stato d’animo, ma un processo legato alle difficoltà materiali. Se la gente se ne va è perché vivere in queste aree diventa talvolta troppo complicato. Per uscire da questa spirale, non servono sovvenzioni e risarcimenti, ma investimenti pubblici e privati”.

La tutela del territorio è il primo tassello secondo il presidente della Regione Molise Paolo Di Laura Frattura, che ha rilevato come “gran parte dei nostri legislatori hanno omologato il valore-Paese sulle aree metropolitane. Ma non si può pretendere che i cittadini rimangano nelle aree interne se non gli si assicura la qualità della vita”.
Il nodo è centrale anche per Massimo Castelli, coordinatore di Anci Piccoli Comuni: “La montagna offre grandissimi servizi, trasformati in risorse da milioni di euro, senza ricevere alcuna perequazione. Prima del ponte sullo Stretto facciamo in modo che arrivino i binari sulle linee interne. Prima dell’alta velocità arrivino le strade nelle aree interne, perché i nostri cittadini pagano le stesse tasse di chi vive in città pur ricevendo meno servizi”.
Lino Gentile, sindaco del Comune di Castel del Giudice, riprende comunque l’appello a “liberarci dal vittimismo rinunciatario, come amministratori e sindaci. Siamo consapevoli che i piccoli comuni e le aree interne non sono al centro dell’agenda del Paese. Per questo dobbiamo creare da noi le opportunità, sfruttando nuovi modelli di sviluppo e nuove politiche sociali, anche nel campo dell’integrazione delle comunità straniere”.
Al termine del lavoro nella giornata di sabato, condotto su due tavoli di confronto, è emerso un documento incentrato su alcuni punti qualificanti, che suggeriscono una base di partenza per la ricerca di soluzioni condivise a problemi comuni dall’Oltrepò pavese alla Calabria:

La partecipazione: quella delle comunità deve diventare elemento imprescindibile di un nuovo approccio nelle decisioni che riguardano sia la prevenzione sia la ricostruzione in caso di calamità.

La prevenzione e la pianificazione: adottare come riferimento, oltre alle mappe di rischio, la carta della vulnerabilità che integra i fattori sociali. Deve essere data priorità alle attività di prevenzione. Quelle messe in atto fino ad oggi non sono risultate (evidentemente) sufficienti per quantità di denaro erogata e mancanza di obiettivi concreti e per il rapporto tra questi due fattori. Sono necessari livelli differenti di emergenza sulla pianificazione ordinaria, avendo come riferimento dati relativi al fenomeno sismico più grave possibile nell’area.

Il ruolo dell’agricoltura, nel quotidiano e nelle emergenze: l’Appennino è un territorio fragile oltre i fenomeni sismici. E’ più che necessario, non più rinviabile, il riconoscimento dell’agricoltura e della sua funzione nella manutenzione e nella salvaguardia delle aree interne del nostro paese. E poi le opportunità di sviluppo: diversificare, modernizzare e agevolare economicamente e fiscalmente (anche in funzione delle ricadute sociali e preventive) le attività agricole e quelle ad esse connesse, riuscire a condurre a termine l’iter del riconoscimento dei “servizi ecosistemici” possono essere punti sui quali far convergere una azione congiunta.

Un termine emerso, conclude il documento, è ‘spaesamento’. Slow Food crede che nessun sostantivo possa essere più appropriato al sentimento di chi improvvisamente sia costretto a trovarsi in situazioni come quelle descritte. ‘Spaesamento’ è un termine dall’eco profonda che ci riporta al senso di appartenenza a un luogo, alle proprie radici, alle relazioni sociali, umane.

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