Dimissioni di massa, l'indiscrezione: il Tar reintegra De Vivo. Ma il centrodestra ricorrerà al Consiglio di Stato

La sede del Comune di Isernia

Il Tar avrebbe dato ragione a Ugo De Vivo. La notizia, per ora solo un’indiscrezione, si diffonde da giorni nel capoluogo pentro. Ma dal Tribunale amministrativo del Molise, per ora, l’attesa sentenza sul ricorso presentato da Giovancarmine Mancini (‘Farfalla tricolore’ per Mauro sindaco), dagli eletti del centrosinistra e da alcuni cittadini elettori contro le dimissioni di massa che hanno provocato lo scioglimento anticipato dell’assise civica di Isernia, non si vede. C’è chi diceva occorressero un paio di giorni. Chi, invece, una decina. Ma dall’11 ottobre, data in cui il collegio dei magistrati composto da  Goffredo Zaccardi, Massimiliano Balloriani, e Luca Monteferrante aveva fissato l’udienza, da Campobasso tutto tace. Eppure, nel centrodestra, più di qualcuno avrebbe dato credito alle voci. Ai rumors che si susseguono da giorni in un clima da ‘totosentenza’ secondo soltanto, per palpitazioni e aspettative, a quello inerente al ricorso pendente innanzi al Consiglio di Stato sulle Regionali 2011. Così, quanti l’11 giugno scorso consegnarono alla storia De Vivo come il sindaco dalla vita politica più breve di sempre, starebbero già pensando di correre ai ripari. E avrebbero già contattato lo studio legale Colalillo per tentare la mossa dell’appello in Consiglio di Stato e far sciogliere una seconda volta il Consiglio comunale. Immaginiamo per un attimo lo scenario: il Tar sposa la tesi degli avvocati del centrosinistra, Vigorita e Fratangelo. Che si fonda essenzialmente sul fatto che le dimissioni, ove efficacemente operanti, avrebbero impedito irragionevolmente l’esercizio da parte del Consiglio comunale del potere-dovere di verificare la condizione degli eletti e, per converso, avrebbero sottratto i diretti interessati a questa doverosa valutazione. Non solo: per i ricorrenti non è dato sapere se il numero dei consiglieri dimissionari sia stato sufficiente a determinare l’effetto dissolutorio, posto che alcuni degli stessi (Gianni Fantozzi e Rosetta Iorio per il Pdl e Giancarlo Chiacchiari per Alleanza per il Molise) avrebbero potuto trovarsi in situazione di palese ineleggibilità. Motivo per cui, in conclusione, le loro dimissioni non avrebbero potuto essere conteggiate. Se avesse ragione Vigorita, già assessore lampo nell’esecutivo tecnico di De Vivo, le dimissioni dei diciassette avrebbero comunque effetto. Ma non determinerebbero la dissoluzione dell’assise. Dunque, senza volerlo, gli eletti del centrodestra avrebbero fatto un clamoroso autogoal, tagliandosi fuori da soli dall’assise civica. E permettendo ai 17 primi dei non eletti di entrare al loro posto con la surroga. De Vivo tornerebbe a fare il sindaco, anche se con il problema dell’anatra zoppa, potendo contare su undici consiglieri (su 32) a suo sostegno. Ma nel centrodestra ci sono quattro consiglieri che le dimissioni non le hanno sottoscritte: Raimondo Fabrizio e Antonio Potena del Pdl, Vincenzo Bucci dell’Adc (espulso dal partito per non aver accettato di dimettersi) e Domenico Di Baggio dell’Udeur. Dunque i rapporti di forza sarebbero i seguenti: 11 per De Vivo da un lato, i 17 eletti del centrodestra con la surroga dall’altro e, in mezzo, i 4 dimissionari mancati a fare da ago della bilancia. Tra le seconde file, inoltre, c’è chi da mesi attende silente che il Tar accolga proprio il ricorso del centrosinistra, anche se non potrà mai ammetterlo. Nessuno degli eletti con l’eventuale surroga, siamo certi, si dimetterebbe una seconda volta, checché ne dicano i partiti d’appartenenza. Dunque, De Vivo in qualche modo riuscirebbe a governare. In barba alle trappole della coalizione avversaria. La quale, tuttavia, non si dà per vinta. E, in via preventiva e in gran segreto, già pensa al Consiglio di Stato. Sarebbero proprio alcuni dei principali sostenitori delle dimissioni di massa ad aver già pensato al secondo round giudiziario. Per il quale, tuttavia, i tempi non sarebbero certo immediati. De Vivo, dunque, se il Tar avesse davvero deciso come i rumors riferiscono da giorni, per qualche mese sarebbe in una botte di ferro. Anche se alle prese con la difficile gestione del bilancio ereditato dalle precedenti amministrazioni. Poi, la parola definitiva sulla tribolata consiliatura targata centrosinistra spetterebbe ai giudici di Palazzo Spada.

Pasquale Bartolomeo