Veleni. Minacce. Un clima da ricatto. Parole che fanno tremare il congresso provinciale del Pdl, quelle di Filoteo Di Sandro. Coraggioso, quasi sfrontato, senza peli sulla lingua, l’anima critica del partito azzurro si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Arrivando finanche a mettere in discussione la sua permanenza in Giunta regionale, senza paura, se prevarranno certi metodi.  Il suo è un intervento di alto profilo, che arriva dopo l’ingresso nella sala dell’hotel Europa del governatore Iorio, accomodatosi al tavolo dei relatori da pochi minuti. Davanti a lui, Di Sandro non userà mezze misure. Perché “certi atteggiamenti stanno facendo andare via tanti amici dal Pdl e dal centrodestra, e molti altri ce ne saranno”. Gli strali dell’assessore sembrano avere una direzione ben precisa. Quella del coordinatore provinciale uscente Luigi Mazzuto. “Si è parlato degli ex An che stanno per prendere in mano il partito. E chi sono questi – domanda Di Sandro – forse dei delinquenti? No, caro Luigi. Noi siamo lo stesso gruppo che ti ha eletto alla Provincia. Nel 2009 ci fu chiesto di fare un passo indietro. Noi ne facemmo due per fare te presidente. Tuttavia, quando facciamo queste cose veniamo dipinti come gli alleati fedeli. Se ci permettiamo di ipotizzare un ragionamento diverso si dice ‘siete fascisti, siete quelli dell’altra parte’. Invece qui siamo tutti dalla stessa parte. E ci siamo rotti le scatole – tuona l’assessore – di sentirci dire ‘faremo i conti alla Provincia e sostituiremo gli uomini di Di Sandro’. Bene, sostituite gli uomini di Di Sandro. ‘Faremo i conti in Regione e rimuoveremo Di Sandro dalla Giunta regionale’. Bene, rimuovete pure Di Sandro dalla Giunta regionale”. E qui l’affondo: “Persone a te vicine – accusa Di Sandro – hanno chiamato al telefono i candidati della lista Altopiedi per dire: ‘Tu non potrai più lavorare’. E’ una vergogna, questa non è politica”. La platea ammutolisce. La stampa quasi non crede alla sue orecchie. Qualcuno parlotta all’orecchio del vicino di posto. Mazzuto, paonazzo, fa gesti all’indirizzo del relatore, che a suo avviso starebbe straparlando. Poi scatta il siparietto con la moglie del presidente, che si rivolge direttamente a Di Sandro: “Io non ho certo chiamato”. Ma l’assessore non si fa sorprendere: “Però, se parli per prima, qualche dubbio resta”. Parte un applauso. E Di Sandro ricomincia a tirare di sciabola, di nuovo rivolto a Mazzuto: “Nulla di personale, Luigi. Ma la gente è schifata di avere sempre le stesse persone nei ruoli di vertice da 10-15 anni. Noi diciamo no al pensiero unico. E vogliamo un partito – conclude – in cui se diciamo qualcosa di diverso veniamo considerati come quelli che sono a favore, non contro. Nessuno ci potrà impedire di portare avanti le nostre idee di democrazia e libertà”. L’applauso che gli viene tributato, lunghissimo, alle orecchie di qualcuno sarà sembrato interminabile. A dimostrazione che nel Pdl la leadership monocratica, di chiunque, non esiste più. Perché Di Sandro il congresso forse potrà anche perderlo. Ma nel partito, da oggi, sarà più forte di prima.

 Pasquale Bartolomeo