HomeSenza categoriaDimissioni di massa, 'scalpita' l'esercito dei primi dei non eletti

Dimissioni di massa, 'scalpita' l'esercito dei primi dei non eletti

Il Consiglio comunale di Isernia

di Pasquale Bartolomeo

La ‘maggioranza silenziosa’ attende con il fiato sospeso. In diciassette, al palo da maggio, non potranno mai ammetterlo. Ma in cuor loro sperano. Sono i primi dei non eletti del centrodestra al Comune di Isernia: volti noti della politica locale, ma anche qualche neofita che coronerebbe il sogno di entrare per la prima volta nei palazzi del potere. In attesa, forse più dei ricorrenti stessi, della sentenza del Tar Molise sul ricorso presentato da Giovancarmine Mancini (‘Farfalla tricolore’ per Mauro sindaco), dagli eletti del centrosinistra e da alcuni cittadini elettori contro le dimissioni di massa che hanno provocato lo scioglimento anticipato dell’assise civica di Isernia. E, di conseguenza, il commissariamento del Comune. Se gli avvocati dei ricorrenti Vigorita e Fratangelo avessero ragione, le dimissioni dei diciassette avrebbero comunque effetto. Ma non determinerebbero la dissoluzione dell’assise. Italo Spagnuolo Vigorita, assessore lampo della Giunta tecnica targata Ugo De Vivo, è stato molto chiaro, in proposito. Se si svolge un concorso, nella pubblica amministrazione si entra in carica dopo la nomina, non semplicemente dopo aver vinto il concorso medesimo. Dunque, se si rinuncia al posto messo a concorso prima della nomina, si procede con scorrimento della graduatoria. E il posto viene riassegnato. Facendo il raffronto con quanto accaduto al Comune di Isernia, i 17 dimissionari, ligi più che mai alle decisioni dei vertici di partito, avrebbero commesso un autogol clamoroso. Tagliandosi da soli fuori dal Consiglio comunale, nonostante la messe di voti raccolti. Dunque, mentre loro resterebbero con un palmo di naso, i primi 17 dei non eletti delle liste del centrodestra raccoglierebbero i frutti di quanto seminato da altri. In tal caso –  ma qui i fatti potrebbero smentirci – a far dimettere questi diciassette, in massa, un seconda volta, non riuscirebbero neanche i carri armati. Figuriamoci i vertici dei partiti di un centrodestra sempre più dilaniato  dalle correnti a livello locale e in caduta libera, stando ai sondaggi, a livello nazionale. Con le surroghe si rivedrebbero molte vecchie conoscenze, ma non solo. Vediamo tutti i nomi.

PDL. Con cinque consiglieri dimissionari su sette, farebbe la felicità innanzitutto dell’ex vicesindaco Celestino Voria, primo dei non eletti con 111 voti, che subentrerebbe al posto di Rosa Iorio e assurgerebbe, con ogni probabilità, al ruolo di capogruppo, vista l’esperienza alle spalle. A seguire, scorrendo la lista dei ‘berluscones’, largo a Rosario Cardile (107), già consigliere comunale fedelissimo del presidente Iorio, che soffierebbe il posto a Gianni Fantozzi; poi la new entry Maria Maddalena Cocozza (95), parente del presidente della Provincia Luigi Mazzuto, al posto di Stefano Testa; l’ormai quasi certo transfuga del Pdl Roberto Di Pasquale (95), da tempo in rotta di collisione con i vertici del partito, si accomoderebbe sulla poltrona che fu di Raffaele Teodoro; infine, Giuseppe Lombardozzi (già assessore alle Finanze nel primo mandato Melogli), risulterebbe ‘eletto’ con 91 voti al posto di Mario Lastoria. Con loro, nel gruppo ‘azzurro’, continuerebbero a sedere i ribelli Raimondo Fabrizio e Antonio Potena, che negarono la firma alle dimissioni “per rispetto della volontà elettorale”.  Salvo che, in caso di reintegro del Consiglio comunale, non decidano di seguire altre strade.

ALLEANZA PER IL MOLISE. Fuori Antonio Scuncio, il primo a subentrare sarebbe Eugenio Kniahynicky (138 voti), rimasto fuori a parità di preferenze con Giancarlo Chiacchiari: in tal caso, infatti, viene eletto in assise il candidato che viene prima in ordine alfabetico. A seguire, Antonio Lalli (130), ex consigliere Pdl, sostituirebbe Pietro Paolo di Perna; poi l’architetto Cosmo Galasso (113), ex coordinatore regionale di Progetto Molise, al posto di Angelica Morelli; infine il disandriano di ferro Domenico Cerrone (110), avvocato, anch’egli uscente del Pdl, al posto di Giancarlo Chiacchiari.

PROGETTO MOLISE. Tra i banchi della ‘maggioranza’, al posto del primo eletto Domenico Chiacchiari, si rivedrebbe Giovanni Sassi, ex presidente del Consiglio comunale e storico volto del Pdl, fermatosi a 76 preferenze e da tempo tutt’altro che in sintonia con il governatore Michele Iorio. A seguire, la dottoressa Rita Simeone (76 voti), volto nuovo in assise, che sostituirebbe Mario Lombardi; infine, sempre nel segno del rinnovamento il giovane Alfonso Ianiro (64 suffragi) al posto di Antonio Furioso.

UDCCiro Cardinale, ‘vittima eccellente’ delle Comunali di maggio, farebbe un nuovo trionfale ingresso a Palazzo San Francesco dall’alto dei suoi 116 voti a scapito di Mike Matticoli. A seguire, largo all’uscente Remo Castiello (109), dentro al posto di Clelia Iadisernia e al volto nuovo Massimo Celli (100), che conquisterebbe lo scranno di Andrea Galasso.

ADC. Beffata dopo i riconteggi da Vincenzo Bucci (che non si è dimesso), l’ex consigliera Rita Pilla (86 voti) tornerebbe tra i banchi del Municipio pentro al posto di Cesare Pietrangelo.

Come si vede, se il Tar sposasse le ragioni del centrosinistra, in Consiglio comunale, a Isernia, sarebbe un’autentica rivoluzione. De Vivo tornerebbe legittimamente a fare il sindaco, ma sarebbe di nuovo alle prese con l’anatra zoppa, potendo contare su undici consiglieri a suo sostegno. Ma a quel punto l’esperienza insegna. E un primo passo, per questioni di equilibrio, potrebbe essere quello di aprire le trattative ufficiali per il presidente del Consiglio. Per il quale, poco ma sicuro, i non dimissionari Fabrizio, Potena, Bucci e Domenico Di Baggio (Udeur) avranno gioco facile e rivendicare una sorta di diritto di prelazione. Parola a Tar. Ma tra i 17 dimissionari, dopo il rinvio di ieri, quando tutti attendevano una decisione che non è arrivata, più di qualcuno starebbe già maledicendo il momento in cui ha messo una certa firma, lo scorso 11 giugno.

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