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Agroalimentare e caso Carrefour

di Lucio Di Gaetano*

Lucio Di Gaetano

Tra aziende che chiudono, operai che perdono il posto di lavoro – o che lo conservano senza essere pagati – e consumi che crollano, la politica molisana continua desolatamente e colpevolmente a parlar d’altro. Eppure negli ultimi giorni altre realtà produttive importanti per il Molise si sono aggiunte al novero delle aziende in crisi, mentre per quelle in difficoltà già da tempo non sembra si sia trovata ancora una soluzione soddisfacente.  In paziente attesa che la politica molisana abbandoni il tema “chi sarà candidato per cosa” e passi finalmente a discutere di “cosa vuol fare chi sarà candidato”, cerchiamo di comprendere meglio quello che sta succedendo, soffermandoci su una notizia che dovrebbe letteralmente terrorizzare il futuro Governatore e ridurre drasticamente il numero degli aspiranti a una per nulla desiderabile carica: l’annunciata chiusura del Carrefour Sannicola di Termoli. Perché una notizia del genere dovrebbe preoccupare così tanto?  Perché la chiusura di un supermercato – specie un Carrefour – non è come la chiusura di una qualsiasi altra azienda. Le aziende attive nella distribuzione, infatti, risentono dei periodi di recessione sempre in ritardo rispetto alle aziende manifatturiere e questo semplicemente perché le decisioni di consumo hanno un minor orizzonte di programmazione rispetto alle decisioni di investimento (in parole povere, dedichiamo un lasso di tempo estremamente breve alla decisione di effettuare o meno la spesa settimanale, mentre dedichiamo tanto tempo  e rinunciamo molto più facilmente a  un investimento in attività imprenditoriali o in azioni). Tra le aziende della distribuzione, inoltre, quelle che risentono per ultime della crisi sono proprio le imprese dell’alimentare: la gente deve pur sempre mangiare e i consumi in questo settore sono i meno sensibili alla congiuntura. Carrefour è la seconda più grande realtà al mondo – e la prima in Europa – nel mercato della Grande Distribuzione Organizzata; solo in Italia impiega oltre 23.000 persone e nel 2009 ha fatturato quasi 7 miliardi di Euro; quando un gruppo così importante pianifica l’apertura di un punto vendita lo fa dopo studi molto approfonditi; se programma una chiusura lo fa con ancor maggior attenzione, visto che tira una bella riga su investimenti non proprio da due lire. La chiusura del Carrefour Sannicola significa, in altre parole, che uno dei players commerciali più grandi al mondo pensa che le variabili macroeconomiche di fondo in Molise siano peggiorate sensibilmente, tanto da far prevedere una flessione di lungo periodo nei consumi alimentari. La riduzione dei consumi alimentari è inequivocabilmente il più inquietante segnale di recessione che un sistema economico possa manifestare. Questo il problema. Come al solito però è il caso di chiedersi se c’è anche una possibile soluzione. Abbiamo di recente parlato di agroalimentare e di quanto questo settore possa essere il volano per la ripresa della nostra Regione. Abbiamo anche segnalato che la filiera in Molise è afflitta da una grave disarticolazione organizzativa che ne rende inefficiente il funzionamento e fa sì che gli agricoltori vendano il prodotto sotto-prezzo a una pletora di intermediari commerciali di cui si potrebbe fare a meno. Un possibile e utile intervento del Governo regionale potrebbe consistere proprio nella regia di un processo di razionalizzazione che favorisca la distribuzione del prodotto molisano in loco (a km 0, secondo un’espressione molto di moda), con cospicui guadagni in termini di prezzo sia per gli agricoltori, sia per i consumatori.  Perché non cominciare proprio con l’ormai  “ex-Carrefour”?  Se fossimo un po’ più audaci del solito potremmo trasformare uno dei simboli del consumismo degli sprechi in un supermercato dell’alimentare “Made in Molise”, veicolando la produzione regionale su quegli scaffali.  Dove prendiamo i soldi per cominciare? Beh, si potrebbe chiedere a Carrefour di contribuire con un finanziamento allo start-up del progetto in cambio di una “ritirata tranquilla”; si potrebbe, in alternativa o in aggiunta, ricorrere ai fondi appositamente stanziati dall’Unione Europea; si potrebbe, infine, chiedere ai lavoratori di scommettere su se stessi e aggiudicarsi la proprietà della nascente impresa magari costituendosi in cooperativa (e profittando, dunque, delle agevolazioni fiscali già previste dalla normativa). In fondo abbiamo prodotti di grande qualità, gente a spasso e un’area attrezzata che rischia, altrimenti, di trasformarsi in una cattedrale nel deserto. Sempre che non si voglia perdere anche quest’occasione e parlare ancora un po’ di primarie.

* Componente Cda Zuccherificio del Molise

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