Riceviamo e pubblichiamo alcune considerazioni del dottor Lucio Pastore, primario del Pronto Soccorso dell’ospedale ‘Veneziale’ di Isernia,  sul Piano Sanitario Regionale del Molise 2013-2015.

Lucio Pastore

* “Per la prima volta viene redatto un PSR in maniera rigorosa, partendo da un’analisi dei dati e facendo scaturire una organizzazione dell’ASREM finalizzata alle esigenze vere della popolazione. Si parte dai dati epidemiologici, demografici, economici e sociali del territorio per comprendere  a quali bisogni è necessario dare una risposta. 

Si analizzano tutte le criticità attuali: (i) l’eccesso di posti letto per acuti, (ii) la carenza delle strutture per cronici e dell’organizzazione del territorio. Inoltre, si evidenziano le anomalie derivanti, molto probabilmente, da questi squilibri organizzativi, con spreco di risorse e cattive risposte all’utenza. 

Partendo da questa analisi, si propone una diversa organizzazione dell’ASREM. Il primo dato fondamentale è la ripartizione dei fondi: 51% all’area distrettuale, 5% all’area della prevenzione e 44% all’area ospedaliera.

Questa ripartizione implica un ridimensionamento della rete degli ospedali. Infatti si prospettano la trasformazione dei tre piccoli Ospedali di Venafro, Agnone e Larino, la riduzione e l’accorpamento di molte Unità Operative e la razionalizzazione  dei servizi in un sistema a rete.

I distretti passano da 7 a 4, riducendo, in tal modo, l’apparato burocratico, con un bacino di utenza medio di almeno 80.000 abitanti. In questo modo, mettendo in rete i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di libera scelta, i medici di continuità assistenziale e le organizzazioni infermieristiche, con porte di accesso dedicate e numero telefonico specifico, analogamente a quanto fatto per il 118, si prospettano percorsi alternativi all’Ospedale per tutte quelle patologie non urgenti, con una copertura di 12-24 ore.

Si crea una rete – sempre alternativa all’Ospedale – per pazienti con patologie croniche, con l’assistenza domiciliare, le RSA e gli ospedali di comunità, gestiti dai MMG con supporto infermieristico, ubicate nei tre ospedali minori riconvertiti, oltre che in altre strutture dell’ASREM. Si creano percorsi di collegamento tra ospedale e territorio per ridurre al minimo la degenza in strutture per acuti.

Inoltre, viene ripensata la rete dell’emergenza territoriale, per meglio rispondere alle esigenze della popolazione con una rimodulazione delle postazioni e l’incremento della telemedicina a supporto dell’attività delle ambulanze.

Vanno segnalati, tuttavia, alcuni punti che suscitano forti perplessità:

–  Nell’Ospedale di Agnone permangono 10 posti di Medicina e la possibilità di praticare day surgery o week surgery.  Mantenere pochi posti per pazienti acuti implica, comunque, una copertura dei servizi sulle 24 ore ed un’assenza di rete completa nelle risposte a questi pazienti che fa apparire dispendiosa ed irrazionale la scelta.

– Si mantiene la convenzione con alcune strutture private, per un numero di posti letto inferiore ad 80. Questa scelta sembra contraddire le indicazioni provenienti dal governo centrale.

–  Sono previste in Regione due Unità di Neurochirurgia. Ogni Unità di Neurochirurgia, invece, dovrebbe servire un bacino di utenza di circa un milione di abitanti. Non si comprende, pertanto, la motivazione che sottende questa scelta in una popolazione di poco più di 300.000 abitanti.

– Sono previste, tra pubblico e privato, sei Unità di Chirurgia Generale. Ogni Unità di Chirurgia Generale, invece, dovrebbe servire almeno 100.000 abitanti. Questa programmazione implica non solo un aumento dei costi ma anche una diminuzione della qualità in quanto il frazionamento delle casistiche cliniche diminuisce l’esperienza nei singoli reparti.

– Tutto il personale, sia medico che infermieristico, del 118 continua a far riferimento alla centrale operativa. In altre Regioni, invece, detto personale afferisce ai Pronto Soccorsi del territorio. Ciò implica una migliore armonizzazione tra l’emergenza territoriale ed ospedaliera nonché un miglior utilizzo del personale stesso.

Nel complesso, tenendo conto dell’irrazionale ingorgo strutturale in cui ci troviamo oggi, le ‘anomalie’ evidenziate  possono essere considerate peccati veniali, probabilmente da correggere in futuro.

 Quello che, invece, si presta ad una critica forte in questo PSR è il rapporto tra pubblico e privato. A fronte di 730 posti letto nel pubblico, sono previsti 450 posti letto per i privati, per una popolazione di poco più di 300.000 abitanti. Anche per quanto attiene il territorio sembra intravedersi la possibilità di cessione di spazi alla gestione di organizzazioni private.

Certamente questa tendenza alla privatizzazione viene da lontano.

Ricordo che agli inizi degli anni 80, nell’Ospedale Veneziale di Isernia, venivano selezionati pazienti che erano indirizzati ad una struttura privata, la Sanatrix (attuale Neuromed), per eseguire esami diagnostici come TAC, ecografie e scintigrafie. Quindi, per volontà politica, l’Ospedale era un serbatoio che serviva una struttura privata convenzionata in cui erano concentrate le migliori risorse tecnologiche dell’epoca. Anche la Cattolica è stata catapultata in Molise, per volontà politica, in un momento in cui già era presente un ingorgo strutturale. Invece di rimodulare un Ospedale come il Cardarelli per accogliere alte specialità, con un supporto di servizi esistenti, quali la cardiochirurgia, la radioterapia ed alcune branche oncologiche, si è preferito inserire sul territorio una nuova struttura privata convenzionata. Tutte le strutture private, nel tempo, hanno aumentato le loro convenzioni per volontà politica. Mentre i privati si riservavano spazi di qualità che rendevano queste strutture attrattive, le strutture pubbliche venivano utilizzate dai politici per le loro gestioni clientelari locali, determinando un progressivo deterioramento delle stesse.

L’attuale PSR recepisce questo stato di cose, senza modificarle.

La cogestione pubblico-privato è ben nota anche in altre Regioni: gli oneri e i disagi sono riversati sul pubblico, mentre i vantaggi e  i profitti sono riservati ai privati.

In una nazione come gli USA la sanità, essenzialmente privata, incide per il 13% del PIL a fronte del 9% di quanto avviene in Italia, e circa 50 milioni di abitanti non hanno copertura sanitaria. Inoltre gran parte del flusso di denaro è intercettato dalle assicurazioni e non finisce in assistenza.

Anche in Italia sta aumentando l’incidenza delle assicurazioni private sanitarie e stanno aumentano in maniera esponenziale i contenziosi legali. Ogni azienda privata deve tendere ad aumentare i profitti. Anche in sanità questo avviene non solo cercando di migliorare la qualità delle prestazione, ma anche con altri mezzi, quali la creazione di sempre maggiori bisogni indotti.

Con la privatizzazione strisciante, stiamo assistendo ad una progressiva trasformazione del diritto alla salute in una qualsiasi merce. Un pubblico efficiente, non certamente quello sviluppato con criteri clientelari, potrebbe contribuire molto meglio a tutelare la salute come diritto.

Tuttavia questo è un problema politico e non tecnico. Pertanto invito tutte le forze politiche ad assumere posizioni su questo aspetto del PSR e ad avviare un dibattito pubblico con i cittadini. E importante comprendere quale Sanità vogliono le diverse forze politiche, in particolare se la salute debba rimanere un diritto o se debba trasformarsi sempre più in merce”.

*Lucio Pastore