di Lucio Di Gaetano

Governare la Regione Molise è possibile?
Lo scopriremo molto presto.
E già! Perché governare non vuol dire distribuire poltrone o nominare dirigenti; governare vuol dire, prima di tutto, conoscere la macchina che si guida e far sì che essa sia in grado di percorrere la strada che si vuole intraprendere: quale che sia.
Proviamo a fare il punto su alcuni dei problemi più impellenti che Paolo Di Laura Frattura dovrà risolvere prima ancora di provare ad avviare le politiche illustrate in campagna elettorale:
Qualità dei conti pubblici regionali: come noto il Consiglio dei Ministri ha promosso ricorso per illegittimità contro le leggi regionali n. 23/2012 e n. 5/2013; l’iniziativa ha sollevato dubbi sull’affidabilità dei due documenti contabili più rilevanti per l’Ente Regione, sottolineando la carenza di alcune coperture finanziarie e la non accuratezza del calcolo del c.d. “fondo cassa”. Quest’ultimo, indicato in circa 171 milioni dalla legge, è valorizzato per “soli” 66 milioni nei conti di tesoreria. Se davvero così fosse vorrebbe dire che Giunta e Consiglio fanno conto su 105 milioni che non esistono! Occorre evidentemente fare chiarezza prima che la Corte Costituzionale ci infligga un ceffone che danneggerebbe ulteriormente la credibilità della Regione.
Programmazione finanziaria e flussi di cassa regionali: siamo nell’era dell’informazione in tempo reale eppure la rendicontazione dei flussi di cassa regionali in entrata e in uscita è ancora frutto di un documento (il c.d. “rendiconto di cassa”) approvato anno per anno ed entro 12, comodi, mesi dalla data di competenza. Come si fa a gestire anche un semplice condominio senza sapere di quanta liquidità si dispone? Se vuole davvero governare, la nuova Giunta dovrà impiantare procedure e database in grado di fornire informazioni precise con cadenza almeno trimestrale.
Costruzione di un moderno sistema di controlli interni: i fatti di malversazione ad opera di dirigenti regionali verificatisi all’interno dell’Ente Regione non sono casuali. Essi sono la inevitabile conseguenza dell’assenza di un sistema efficace di controlli interni: procedure, regole e verifiche ispettive rigorose effettuate con cadenza costante sono indispensabili se si vuole evitare di far pagare ai cittadini gli scherzi di qualche malfattore.
Sanità: l’idea di chiedere una moratoria sul “piano Basso” è ottima; il problema non risolto è però che il Governo nazionale non sbloccherà mai i fondi necessari al pagamento del debito sanitario (in particolare quello verso i fornitori) senza l’adozione e l’implementazione proprio di quel piano. La moratoria, quindi, rischia solo di generare ulteriori ritardi nei pagamenti: per superare l’impasse non vi è altra strada che la “sostituzione” del debito verso i fornitori con debito verso il sistema bancario. In altre parole in Governo Regionale dovrebbe impegnarsi (contrattualmente con le banche) a raggiungere nel medio periodo risparmi omologhi a quelli del “piano Basso”, mediante le proposte di ristrutturazione elaborate in autonomia e fuori dalla logica della “linearità dei tagli”: l’impegno renderebbe certo nel tempo lo sblocco dei fondi da parte dello Stato e, soprattutto, ne consentirebbe l’anticipazione bancaria.
Aziende partecipate: l’intervento più urgente – al di là delle decisioni che saranno prese sugli organi sociali – è quello di definire al più presto lo stato contabile e finanziario di ciascuna partecipata nonché di pervenire a una stima su base “consolidata” del risultato dell’insieme delle società. Non è accettabile che non esista una ricognizione aggiornata del risultato economico complessivo delle partecipate in grado di supportare una programmazione seria e duratura, né si può credere di “salvare” alcunché se non si conosce ciò che si vuole salvare!
Queste sono solo alcune delle cose da fare. Necessariamente prima di andare a Roma a protestare e chiedere soldi.