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“Troppi pub e poca cultura nella mia città”. Parla Francesco, giovane campobassano emigrato nella Capitale

Francesco Di Leva, intervistato da Campobasso-news

CAMPOBASSO. “Mi chiamo Francesco e lavoro a Roma nel campo della sicurezza informatica. Mi sono trasferito da circa due anni, dopo aver inutilmente cercato lavoro nella mia terra”. 

Ti manca Campobasso? 

 “Non sono uno di quelli che denigra Campobasso, dove ho passato un’infanzia felice che nelle grandi città possono solo sognarsi. Vivendo adesso in una metropoli sento la mancanza di diversi aspetti a cui ero abituato”.

Allora mettiamoli così: cosa ti manca e cosa non ti manca di “cibbì”?

“Mi manca sicuramente la tranquillità, l’aria pulita e la natura a due passi. E’ una città a portata d’uomo dove spesso non ho avuto bisogno di prendere la macchina per spostarmi nei vari posti di interesse. Di contro non mi manca la staticità e la devolution culturale e sociale che riscontro ogni volta che torno. Ormai i ragazzi non fanno altro che passare le serate in un pub, nati ultimamente come funghi, per prendere un bicchiere dopo l’altro. Non ci sono alternative…”. 

Come si potrebbe risolvere secondo te il problema della disoccupazione giovanile?

“Il problema della disoccupazione, senza voler tirare fuori il già inflazionato capitolo crisi, è un argomento che richiederebbe un’approfondita analisi, cosa non possibile in questa sede. Per favorire la crescita del mercato del lavoro credo che, oltre ad una maturazione dei valori e ad un’esaltazione dell’onesta collettiva (dalla classe politica a quella imprenditoriale, passando anche per i semplici cittadini) al fine di lavorare per il bene di tutti, credo che Campobasso (e in generale tutta la regione Molise)  non possa fare a meno di infrastrutture che le permetterebbero di uscire dall’isolamento e favorirebbero non poco i collegamenti commerciali e l’appetibilità verso nuovi investimenti. In particolare mi riferisco alla realizzazione dell’Autostrada Termoli – San Vittore”.

Quando tornerai nella tua città?

“A Campobasso torno almeno una volta al mese, per trovare la mia famiglia e i miei amici (almeno quelli che sono rimasti ancora lì). Vedo piuttosto remota l’ipotesi di un mio ritorno in pianta stabile. Ma mai dire mai!”. 

                                                                                                                                                                                                                                                                         A.N. 

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