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Giovanni Gianfelice, in arte “il figlio di Zi Cuncetta”: “Da me solo gente che capisce di cucina”

Giovanni Gianfelice all’opera

FERRAZZANO. La Tentiglia di Giovanni Gianfelice? “Come a casa o meglio di casa”. Il commento è di Luca T, beneventano contributore esperto di tripadvisor.it, il portale di viaggi più grande del mondo. Deve esserne fiero Giovanni, fisico robusto, cinquantenne baffuto, meglio noto a Campobasso e dintorni come  “il figlio di Zi Cuncetta” (la mamma),  anche lei nota nel capoluogo di regione per l’arte culinaria. Da 10 anni, Giovanni gestisce il suo ristorante, in Contrada Vazzieri, a Ferrazzano, “una villetta in campagna, una taverna rustica e ampia” suggerisce qualche affezionato avventore. Impossibile non conoscerne le gesta, ai fornelli. Sfatiamo subito un mito. Leggenda popolare vuole che il Signor Gianfelice abbia litigato con la madre, Concetta, per poi aprire attività in proprio. “Non è vero”, sottolinea quasi piccato. “Ma siamo concorrenti, sia chiaro” rilancia orgogliosissimo. “La leggenda è falsa e le persone parlano a vanvera”, chiude con tono stentoreo.  Per quali piatti è rinomato? Giovanni è un fiume in piena, si nota subito che è avvezzo a elencare le pietanze ai suoi ospiti. “Carni alla griglia, spezzatino, brasati, pasta fatta in casa, salumi, latticini. Tutta roba buona e soprattutto molisana”, sembra uno slogan. Schietto, carattere burbero, fare deciso, personalità forte, caratteristiche che tutti gli riconoscono. Ama esprimersi in dialetto campobassano, con facilità si affida a detti e proverbi che fanno di Giovanni un personaggio “scortesemente simpatico”. Motivo per il quale, sicuramente, spesso è oggetto di continui e ripetuti scherzi telefonici. Il più famoso, quello architettato dall’irriverente banda dello Zoo di 105 che lo prese di mira nella celebre “bastardata”. Giovanni, che giocherellone non è, con tre parole mise a tacere  gli schernitori nazionali :  “Scelat, ricuttar, strunz!”.

Il singolare dettaglio dei ricordi mussoliniani

La sua performance rozza ma efficace è rimasta nella storia. “Io non mi metto paura di loro. Quelli chiamano e io rispondo”, è deciso nell’affermarlo. Curiosità : nella sala del suo ristorante albergano ritratti e ricordi di Benito Mussolini. Ne conosce la vita a menadito. “A casa tua ci tieni Che Guevara, a casa mia ci tengo chi ci voglio io”, sembra scocciato. E allora torniamo a parlare di cucina, per renderlo più sereno. “Da me vengono solo persone di alto livello” si fa pubblicità soddisfatto, “solo gente che capisce di cucina”. Cliente affezionato è Giovanni Cannata, rettore dell’Università del Molise, “uno che se ne intende di roba buona”. E se qualcuno prova a chiedergli dove si mangia meglio, se a “La Tentiglia” o da “Zia Concetta”? Giovanni, da buon imprenditore, ha la risposta pronta “fate una cosa, mangiate una settimana da me e una da mia madre. Poi fate la graduatoria. Naturalmente pagando.” D’altronde, la mamma è sempre la mamma.

                                                                                                                                       picchiorosso

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