Caccia al nuovo sindaco di Campobasso. Tutti i limiti del “Modello Frattura” e l’importanza, per il centrodestra, di non lasciarsi affascinare da soluzioni esterne che non risolvono i problemi.
CAMPOBASSO. Complice la pausa agostana, nel capoluogo si torna a parlare delle prossime elezioni comunali. Col solito balletto di nomi e con previsioni che oscillano tra la fantapolitica e retroscena da bar dello sport più o meno credibili. Stando agli ultimi resoconti, centrodestra e centrosinistra sembrano a quanto pare affaccendate a trovare, come vuole la moda, una soluzione esterna. Ovvero il cosiddetto “papa nero” capace di raccogliere consensi trasversali e di apparire “fresco” agli occhi degli elettori e soprattutto lontano da quei partiti tanto odiati negli ultimi anni. A sinistra si spinge molto sulla riproposizione del “modello Frattura” (nonostante le evidenti difficoltà di questi primi mesi di legislatura regionale), a destra la situazione è meno chiara: l’unica certezza (e grande novità) sembrano essere le primarie, ma l’annunciata rinascita di Forza Italia e il ritorno in campo di Michele Iorio potrebbero influenzare e non poco il destino e gli assetti della coalizione. Tra ottobre e novembre, comunque, dovrebbero spuntare le prime candidature “reali” per Palazzo San Giorgio. Una cosa è certa: chi guiderà la città nel prossimo quinquennio dovrà affrontare problemi di non poco conto e di natura non solo economica. Serviranno quindi competenza, autorevolezza e soprattutto esperienza amministrativa. Quella del “papa nero” può essere una soluzione utile dal punto di vista del marketing elettorale ma non da quello puramente politico, perché i tempi obbligano tutti ad essere realisti. Al centrodestra, che dopo la sconfitta delle regionali ha bisogno di rilanciarsi alla grande sul territorio, non può quindi sfuggire la necessità di affiancare al “nuovo” anche concetti come appunto “esperienza” e “capacità”, evitando di scimmiottare i rivali. Anche perché i mali della partitocrazia non si abbattono con l’elezione di personalità “vergini” – che poi puntualmente dimostrano di subire eccome i diktat di segreterie e dei vecchi volponi della poltrona – o di personaggi che cambiano casacca ad ogni nuova stagione. Più che un papa nero, Campobasso ha bisogno casomai di un papa bianco. Di un uomo capace di amministrare davvero la cosa pubblica (e di conoscere le sue insidie) e di governare con determinazione e coraggio il capoluogo in questi giorni di crisi. Attraverso l’antico e semplice strumento della politica. E soprattutto senza trucchi.