Pd, Di Giglio archivia Leva nel segno di Civati: no a segretari di partito ‘pigliatutto’

In vista del congresso dei Democratici, arriva a Campobasso l’ex rottamatore Pippo Civati, da sempre contrario alle larghe intese e ai conflitti di interessi. Il suo principale sponsor locale, Michele Di Giglio da Campomarino, fratturiano doc, nega qualsiasi imbarazzo rispetto alle sua vicinanza al governatore: “Da lui nessun condizionamento, non saremo un’opposizione filogovernativa. Il problema del partito è che non ha mai avuto una minoranza vera, al proprio interno”. Sui parlamentari molisani: “Se cambia il Porcellum, aumenta la contendibilità. Sì al partito degli iscritti, no a quello delle tessere”

 

Il manifesto dell'evento a Campobasso che vedrà protagonista Pippo Civati Il manifesto dell’evento a Campobasso che vedrà protagonista Pippo Civati

CAMPOBASSO. “Il problema del Pd, in Molise, è che non ha avuto una minoranza vera, al proprio interno. Ma un gruppo che si è accontentato di fare patti di non belligeranza con il gruppo dirigente. A sua volta, i rappresentanti di quest’ultimo hanno sfruttato il proprio ruolo apicale in campagna elettorale per farsi eleggere. Bene, noi diciamo basta a tutto questo. E propugniamo un partito degli iscritti, non delle tessere”. Parola di Michele Di Giglio, 39 anni, professore senza cattedra di Campomarino, fratturiano doc, tra i fondatori del gruppo Facebook ‘Unire il centrosinistra’ – social network sul quale è considerato un autentico ‘guru’ della politica e della comunicazione –  principale animatore del comitato ‘Molise per Civati e probabile candidato all’Assemblea nazionale del Pd appunto con la mozione Civati. Una figura sicuramente interessante e dalle molteplici sfaccettature, quella di Di Giglio: già collaboratore nel 2012 dell’allora consigliere di minoranza Paolo Frattura in Consiglio regionale, tra i principali firmatari del ricorso contro l’esito delle Regionali 2011 che ha cambiato la storia della politica molisana, il professore oggi vuole un partito in cui tutti debbano sentirsi classe dirigente. Un partito che non sia una sommatoria di correnti ma che faccia proprio il motto di Giuseppe ‘Pippo’ Civati: “Le cose cambiano cambiandole. Non mi adeguo”. Domani è il giorno tanto atteso: il parlamentare lombardo, ex rottamatore insieme a Renzi, sarà a Campobasso nella sala convegni dell’Hotel San Giorgio per spiegare sia le motivazioni della sua candidatura a segretario nazionale del Pd, sia le argomentazioni circa la posizione fortemente critica nei confronti dell’attuale dirigenza del partito alle prese, in queste ore, con l’affaire Berlusconi. Per questa ragione ‘Isernianews’ ha voluto discutere con Di Giglio di una serie di temi legati al partito. Partendo da due possibili contraddizioni. La prima: Civati, come tutti sanno, ritiene che il Pd in questo momento sia in un posto sbagliato, il governo delle larghe intese, da cui deve rientrare prima o poi. Calandoci nella realtà molisana, Frattura amministra la regione con l’Udeur di Vincenzo Niro e con Rialzati Molise, lista dei cognati dell’europarlamentare del Pdl Aldo Patriciello. La seconda: il candidato alla segreteria del Pd rigetta ogni conflitto di interessi, sottolineando come la questione non sia solo contro Berlusconi, ma coinvolga anche Berlusconi. Un punto sul quale anche il governatore non ha mai chiarito a dovere, nonostante del caso si siano interessati anche giornalisti autorevoli come Sergio Rizzo, del Corriere della Sera’. Anzi, resta memorabile una sua nota inviata a Ferruccio De Bortoli il cui senso potrebbe essere sintetizzato con una frase degna del tanto avversato (a parole) Cavaliere ‘nero’: “Contano i voti, non gli interessi”.

Due nodi sui quali Di Giglio non si sbilancia, pur non sottraendosi certo alle domande. “La mia vicinanza al presidente della Regione resta immutata – spiega – anche se non nego che qualche problema c’è stato. Voglio tuttavia fare una critica positiva: la situazione ereditata non era facile. Tuttavia, se si è vinta una campagna elettorale dopo averla impostata in un certo modo e poi non si è dato seguito, ad esempio, al taglio dei costi della politica, vuol dire che un messaggio va dato. Il rodaggio è quasi finito, il tempo c’è: ma bisogna volerlo, tutti insieme. Sulle presunte contraddizioni, posso dire che faccio fatica a fare una comparazione tra la situazione regionale e quella nazionale. Essere un sostenitore di Civati e, allo stesso tempo di Frattura, non mi crea imbarazzo. La nostra – continua il professore di Campomarino – è una battaglia di discontinuità nel partito. Alcune vecchie liturgie non ci piacciono, vogliamo fare un’opposizione forte, non da allineati”.

Nessun rischio, dunque, di un’opposizione di partito troppo vicina al gruppo dirigente? “Noi il congresso vogliamo vincerlo – afferma con fierezza – ma se così non fosse le garantisco che non saremo un’opposizione, per così dire, ‘filogovernativa’”.

Avere sposato la mozione Civati, da parte sua, non può essere interpretato come un espediente del gruppo di testa per controllare, seppur indirettamente, una corrente e non avere problemi? “Ho scelto Civati – argomenta Di Giglio – perché profondamente convinto dalla sua coerenza, dopo l’affossamento di Romano Prodi al Quirinale e il conseguente mancato voto di fiducia al governo Letta da parte sua e di un solo altro parlamentare del Pd. E Frattura non mi ha minimamente condizionato, in questo. Lui è il presidente della Regione, la figura istituzionale per eccellenza, è e deve restare tale, in vista del congresso. Il problema del Pd, in Molise, è che non ha avuto una minoranza vera, al proprio interno. Ma un gruppo che si è accontentato di fare patti di non belligeranza con il gruppo dirigente. Per questo, bisogna cambiare. Le dico di più: dopo il congresso, sono del parere che il Comitato pero Civati debba sciogliersi. Del resto, anche lui è per la chiusura delle varie fondazioni vicine al partito, riferimento di questa o quella corrente. Il Pd è uno, occorre unità una volta che ci sia intesi sulla natura e l’identità del partito”.

Ma in Molise resta saldamente nelle mani dei parlamentari Ruta e Leva. “Se si torna a votare con una legge elettorale diversa dal Porcellum, reintroducendo il voto di preferenza, aumenterà la contendibilità interna al partito, cosa cui tengo moltissimo. Il Pd dev’essere un partito degli iscritti, non delle tessere. Per questo diciamo basta ai segretari di partito che si candidano e si fanno eleggere sfruttando il proprio ruolo di dirigenti. E lo stesso vale per i consiglieri regionali che hanno agito solo da capicorrente”.

Leva tuttavia, in un’intervista televisiva ha detto che non si ricandiderà, alla segreteria regionale del Pd. Di Giglio, in chiusura di intervista, diplomatico per tutto il tempo, non cambia linea. Ma la risposta, laconica, dice più di mille parole: “Non si ricandida? Vedremo”.

Pasquale Bartolomeo