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Truffe via web, sgominata la banda delle auto fantasma: il video degli arresti

Operazione degli agenti della Polstrada, che si sono anche finti acquirenti su internet: in manette due uomini e una donna, tutti isernini. Il più anziano, 50 anni, è titolare di una concessionaria a Castelpetroso già finita altre volte nel mirino degli inquirenti. L’ammontare del raggiro – con centinaia di vittime, anche in Francia, Canarie, Belgio e Inghilterra – è di 1.5 milioni euro, ottenuti tramite accrediti su Postepay. Per i tre soggetti il gip Ruscito ha disposto i domiciliari

ISERNIA. L’affare dell’auto a basso costo, nuova o usata che fosse, era una truffa colossale. Per circa 1.5 milioni di euro in totale, frutto di un mega raggiro perpetrato anche oltre i confini molisani. Sono finiti in manette stamani tre isernini – il titolare di una concessionaria multimarca di Castelpetroso, 50 anni, e due suoi collaboratori, un uomo di 41 con precedenti analoghi e una donna di 40 – accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. La donna non era presente in casa, ma è stata comunque rintracciata dagli agenti della polizia stradale, che hanno condotto le indagini. Per i tre soggetti il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Isernia, Antonio Ruscito, ha disposto gli arresti domiciliari al fine di evitare la reiterazione del reato. Il modus operandi era il più classico: vendevano vetture di ogni marca via web  – su siti quali ‘subito.it’, ‘autoscout24.it’, ‘cubo.it’, ‘mobile.it’ o direttamente sul piazzale della società di auto – a prezzi invitanti, facendosi versare cospicui acconti o gli interi importi su una carta Postepay. Ma una volta intascati i soldi, la consegna della merce non avveniva praticamente mai. In alcuni casi, anzi, la stessa vettura veniva venduta anche a dieci persone diverse. A tal fine, i tre soggetti arrestati preparavano apposite lettere da spedire ai vari clienti, con le quali evidenziavano false problematiche attinenti la mancata consegna dei veicoli, e rinviandone così la consegna di 90-100 giorni. Le missive servivano ad evitare eventuali querele o atti giudiziari nei loro confronti. Nel corso del tempo, venuta meno la disponibilità materiale di veicoli di diversa marca, modello e gamma, la banda prendeva anche in fitto  le automobili necessarie alla falsa vendita. Dopo averle private della targa, le vetture venivano fotografate per i portali on line o anche esposte sul piazzale della concessionaria. Le offerte allettanti hanno suscitato l’interesse finanche di acquirenti stranieri: tra le vittime, infatti, risultano persone residenti in Francia, Canarie, Belgio e Inghilterra. Le indagini, condotte dagli uomini della polstrada coordinati dal dirigente Paolo Mancino, sono durate circa un anno e hanno visto gli agenti fingersi anche acquirenti per incastrare i presunti truffatori: 90 le querele di parte presentate, senza contare i casi di quanti, invece, rassegnati per aver perso il denaro, hanno preferito non sporgere denuncia. Ironia della sorte, proprio stamani un uomo di Grosseto si è recato in questura per denunciare una truffa suo danno, l’ennesima messa a segno dalla banda delle auto fantasma. Circa 1.5 milioni di euro i fondi distratti, di cui una parte ammontante a circa 450mila euro prelevata in contanti in vari istituti bancari da uno dei tre presunti truffatori, anche al fine di riciclaggio. Per quest’ultimo aspetto le indagini sono ancora in corso. Ad assistere i due uomini sarà il noto avvocato del Foro di Isernia Francesco D’Orsi. Mentre non è ancora dato sapere il nome del legale nominato dalla donna. La concessionaria era già finita nel mirino degli inquirenti una prima volta nel 2008, a seguito della vendita di 30-40 automobili mai consegnate in territorio di Monteroduni. Ne seguì un processo penale, con condanna per i responsabili. Ma la lezione non è servita. Tanto che nel gennaio scorso la polizia stradale chiuse il capannone a Castelpetroso e sequestrò anche una serie di documenti, per poi vedersi costretta, in un secondo momento, a sequestrare anche alcuni veicoli rimasti all’interno. Da allora, a quanto pare, il titolare e i suoi collaboratori avevano scelto di operare principalmente sul web, dove i malcapitati avevano comunque iniziato a spargere voce. Su alcuni siti, infatti, si ipotizzava addirittura la fondazione di un comitato vittime dei raggiri e l‘eventualità di una class action per ottenere un risarcimento.

Guarda il video degli arresti: 


 

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