Ittierre, fasonisti ancora a secco e nuovi tagli in vista

Stamani incontro a Castelpetroso per fare il punto della situazione. Anche i trasportatori in ginocchio: lamentano di non avere più nemmeno i soldi per la benzina. Bianchi confida in alcuni fondi di investimento: ma il nuovo piano di sviluppo non potrà prescindere dalla riduzione del personale

 

CASTELPETROSO. Rapporti ancora tesi tra i vertici di Ittierre e i fornitori di beni e servizi, molisani ed extraregionali. Nonostante avessero ricevuto precise rassicurazioni circa i pagamenti per la merce prodotta nelle ultime settimane, i terzisti sono rimasti ancora una volta a secco. Anzi, con i capi di abbigliamento imbustati e non ritirati nei magazzini. Stamani, in un locale ai piedi del santuario di Castelpetroso, fasonisti e trasportatori si sono incontrati per fare il punto della situazione insieme a un pool di legali. La situazione, per loro, è drammatica: dopo la richiesta di ammissione a concordato preventivo da parte del patron di Ittierre, Antonio Bianchi, le loro spettanze sono state sospese, nonostante un accordo sottoscritto in prefettura pochi giorni prima dallo stesso vertice del polo tessile. “Siamo stati convinti a lavorare – spiega uno dei fasonisti molisani – sostenendo ulteriori costi, perché ci hanno fatto credere che la merce prodotta avrebbe generato una liquidità immediata, dalla quale anche noi avremmo beneficato. Invece, non abbiamo visto un soldo, non abbiamo diritto agli ammortizzatori sociali e – conclude – da una settimana non abbiamo alcun contatto con l’azienda, che ci aveva chiesto le fatture pro forma”. Stessa situazione anche per i trasportatori, che lamentano di non avere più nemmeno il denaro necessario a fare rifornimento di carburante. Intanto, Bianchi si è detto fiducioso in alcuni fondi di investimento che potrebbero affiancarlo in società. Ma il piano di sviluppo che garantirà il rilancio dell’azienda, come sostenuto anche dal nuovo amministratore delegato Alberto Manganiello, presuppone un minor numero di dipendenti. Insomma il peggio, per i lavoratori, deve ancora venire. 

A.I.