ISERNIA. Cinque rinvii a giudizio e un proscioglimento. Questa la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Isernia, Antonio Ruscito, in merito alla vicenda della casa esplosa a Pesche nel maggio 2010. Dinanzi al gup di Isernia proprietari, progettisti e tecnici che hanno realizzato l’impianto di fornitura del gas nell’abitazione sulla Statale 17. Il pubblico ministero Marco Gaeta aveva chiesto il rinvio a giudizio per tutti e sei gli imputati, ma il tribunale ha deciso di esentare da ogni responsabilità l’operaio che materialmente aveva riempito la bombola del gas da cui si è originata l’esplosione in cui perse la vita il 27enne Giovanni Di Caprio. Il giovane si trovava in casa da soli due giorni insieme alla moglie e al figlioletto di due mesi. Quella mattina di maggio, secondo le ricostruzioni, fu proprio lui ad alzarsi per primo e a recarsi in cucina. Lì, verosimilmente, accese una sigaretta che innescò la miccia esplosiva. Di qui il boato e l’onda d’urto che mandarono in pezzi l’abitazione ferendone gli inquilini. Rimasero tutti ustionati. Ma il più grave era proprio il giovane papà, che riportò ustioni sul 90 per cento del corpo. Fu ricoverato d’urgenza nell’ospedale specializzato di Napoli, ma dopo qualche giorno, il suo cuore cessò di battere. La moglie e il piccolo invece si salvarono. La donna si è costituita parte civile in giudizio mediante i legali Raimondo Fabrizio e Francesco D’Orsi, che dopo oltre tre anni si sono detti soddisfatti per l’apertura del processo. “A nostro avviso ci sono evidenti responsabilità – hanno dichiarato i legali – ma non certo da parte della vittima, come adombrato da qualcuno”. La prima udienza dibattimentale è stata fissata l’11 febbraio 2014.