L’amministratore delegato, esautorato d’imperio dal presidente del Cda, contrattacca in una conferenza stampa: “Non c’è nessun nuovo ad. Se saranno violate le regole, pronto a rivolgermi alla procura della Repubblica per mobbing”
ISERNIA. Non firma la resa, Alberto Manganiello. L’amministratore delegato di Ittierre, esautorato di fatto dal patron Antonio Bianchi, non abdica al suo ruolo con una stretta di mano, perché di fare da parafulmine o da testa di legno “non ci penso proprio”. E, di fronte all’ipotesi di un nuovo ad – si parla di uno dei revisori dei conti della società, il dottor Giovanni Petrollini – non esita a parlare di “usurpazione di titoli”. L’avvocato campano, dunque, non lascerà l’azienda facendosi trattare ” a pesci in faccia da nessuno”, come spiega nel corso di una conferenza stampa svoltasi alle 11 di stamani presso l’hotel Europa. “Perché ho cercato di fare gli interessi di Ittierre, tutelando esclusivamente il patrimonio aziendale”.
“Sono stato nominato dall’assemblea dei soci – argomenta – con delibera ratificata dal Consiglio d’amministrazione. Non ho comunicazioni differenti in tal senso, ho poteri di gestione della fase concordataria ‘in armonia’ con il presidente Bianchi. Così è scritto nella delibera del Cda, ma quest’armonia non c’è e non dipende da me. Ho visto di persona il presidente giovedì e venerdì scorsi, ma mi ha solo detto di allontanarmi dall’azienda, che purtroppo è ferma“. Ma cosa ha fatto incrinare il rapporto tra i due? Manganiello racconta la sua breve esperienza a Pettoranello e spiega: “Sono stato chiamato da Bianchi un mese fa, mi è stato chiesto di ricostruire i rapporti con le istituzioni che via via si erano deteriorati e di lavorare con i consulenti presenti in azienda. Ho avviato una serie di incontri con gruppi nazionali che hanno manifestato interesse per l’Ittierre, attività di cui ho prontamente informato il presidente, visto che la mia è una nomina fiduciaria. Tuttavia, appena ho sollevato una serie di perplessità su una serie di problematiche, il mio ufficio, sempre pieno per settimane, d’improvviso è diventato deserto. Ho anche avuto voce – incalza l’ad – di un documento sottoscritto dai dipendenti nel quale vengono invitati dalla proprietà a non fornirmi alcuna documentazione, che andrebbe inviata solo a Bianchi in quanto unico ad credibile. Se così fosse, per me si tratta di mobbing: e oggi stesso, in tal caso, mi recherò alla procura della Repubblica per denunciare i fatti“. In sala, durante la conferenza, sono presenti numerosi dipendenti in cassa integrazione a zero ore. Hanno incontrato Manganiello per la prima volta quest’oggi, e l’impressione registrata è più che buona. Al punto che, molti di essi, hanno chiesto cosa abbia intenzione di fare di fronte all’atteggiamento di Bianchi. L’avvocato non si fa pregare: “In primis, chiederò per iscritto a tutti quanti hanno firmato tale documento di girare anche a me le carte dell’azienda. E’ semplice: chi non lo farà, verrà messo alla porta, come mi consentono i poteri conferiti”. E qui scatta un primo applauso, quasi liberatorio, da parte dei cassintegrati. “Non c’è nessun nuovo ad – continua Manganiello – La legge dice che occorre un nuovo Cda per la nomina: le regole sono queste, chi le viola sarà denunciato”.
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L’avvocato ci tiene a sottolineare che le proprie prese di posizione in fase concordataria sono state rivolte “nell’interesse di chi arriverà dopo tale momento di transizione e forse, per questo, giudicate inopportune. Ma sono certo di aver agito nel giusto e con buon senso, tanto che, una volta informato il commissario giudiziale Sergio Ferreri, come era mio dovere, ho avuto piena condivisione da parte sua”. A cosa si riferisce l’ad del polo tessile, è facile intuirlo: la rottura con Bianchi sembra esserci stata dopo aver negato il placet ad alcune operazioni di vendita infragruppo “a prezzi inferiori al valore reale – racconta Manganiello – In fase pre concordato, questo può significare un possibile depauperamento del patrimonio aziendale. Per me, sono operazioni che non andavano fatte e mi sono opposto, chiedendo documenti specifici al riguardo a persone incaricate dalla proprietà. Ma non mi sono stati mai forniti. Dunque, non so se c’è stata o meno uscita di merce. Ma da allora, ho percepito un clima di sfiducia nei mie confronti”. Alla domanda se abbia ravvisato o meno ipotesi di reato, Manganiello si cautela dicendo di non essere in grado di dirlo, “visto che non mi sono state fornite le carte. Ma se il magistrato ravvisasse qualcosa del genere, il concordato verrebbe respinto e l’Ittierre fallirebbe il giorno dopo”.
Alla carenza di documentazione – finanche sulle licenze in dotazione – sarebbe seguita anche l’estromissione da una serie di trattative, condotte personalmente da Bianchi e di cui il manager campano sarebbe stato tenuto all’oscuro. “Per conto mio – svela Manganiello – posso dire di tre trattative. Un primo gruppo, molto grosso, si è tirato indietro per le vicende che hanno interessato l’azienda negli ultimi due anni; poi ho ricevuto contatti da un secondo gruppo napoletano importante e da un terzo, grossissimo gruppo pugliese che ha necessità di approfondire la situazione aziendale”. Sul finale della conferenza stampa, Manganiello – che è anche consigliere d’amministrazione in Ittierre – non esclude una soluzione estrema, in caso la ‘guerra’ con Bianchi dovesse andare avanti: “Chiederò all’assemblea dei soci, come da Codice civile, di rimuovere Bianchi. Non sono una testa di legno, come qualcuno dall’esterno potrebbe aver pensato: forse il presidente credeva di ricostruirsi un’immagine tramite la mia figura, ma il suo nome, in realtà, creava solo allarme in tutti i miei interlocutori”.