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Ittierre, tramonta la pista indiana: Taff Kainth va da solo, presto il nuovo polo della moda

ESCLUSIVO/ Trattativa saltata, ma l’imprenditore della Turkswood crede nel progetto ‘made in Molise’ e decide di investire comunque in provincia d’Isernia grazie ad accordi praticamente in cassaforte con tre-quattro marchi di prestigio. Il magnate asiatico aveva chiesto una serie di informazioni aziendali a Bianchi: quali marchi avrebbero sostituito C’n’c, Balmain, Galliano; se i commissari avrebbero fittato di nuovo i locali di Pettoranello alla newco; in che modo avrebbe partecipato alla quota del 50 per cento della nuova società (capitali freschi, produzioni già esistenti o nuove licenze). Ma non avrebbe mai ricevuto risposta. Intanto, dopo il Cda di ieri, parte la richiesta per la cassa integrazione straordinaria per circa 600 dipendenti: scatterebbe dal 13 gennaio per un anno. L’assessore Petraroia invoca l’intervento della prefettura di Isernia per accelerare i tempi burocratici

 

ISERNIA. Taff Kainth ‘scarica’ Antonio Bianchi. Il ‘socio’ indiano, il partner internazionale capace di garantire capitali e produzione necessari al rilancio dell’Ittierre, decide di andare da solo per la sua strada. Una strada che – si badi – porta comunque in Molise, con un nuovo polo  della moda che starebbe per nascere proprio in provincia d’Isernia, parallelo a Ittierre.

 

Ittierre, tramonta la pista indiana: Taff Kainth va da solo, presto il nuovo polo della moda
La stretta di mano, a novembre, tra Kainth e Bianchi dopo la lettera d’intenti

Si arena definitivamente, insomma, la trattativa tra l’imprenditore comasco e il legale rappresentante della Turkswood Ltd Peatling Lodge, società inglese che opera nel settore dell’abbigliamento quale titolare di strutture produttive e distributive in tutto il mondo. Kainth, nella lettera di intenti sottoscritta il 16 novembre scorso con Bianchi, si impegnava a  consegnare referenze bancarie relative alla Turkswood e al gruppo Sharetime (di cui la società inglese è parte) e a dare evidenza delle disponibilità finanziarie necessarie, indicativamente quantificate in 5 milioni di euro di liquidità, oltre a garanzie (tramite una società di Hong Kong) per ottenere linee di credito per ulteriori 10 milioni. Inoltre, nella nuova società da costituire, di cui l’imprenditore indiano sarebbe stato socio al 50 per cento con Bianchi, avrebbe convogliato produzioni stimate in almeno un milione di capi a stagione. 

 

Ma cosa è cambiato da allora, per far saltare tutto? Non certo le intenzioni di Kainth di investire in Molise, contrariamente a quanto riferito da alcune indiscrezioni a mezzo stampa. Tutt’altro: il tycoon indiano faceva sul serio, eccome. Ma il management Ittierre non avrebbe voluto scoprire la carte più di tanto, costringendo di fatto il numero uno di Turkswood ad andare da solo.

‘Isernianews’ ha potuto consultare, in esclusiva, la corrispondenza inviata – senza ottenere risposte di alcun genere – da Kainth a Bianchi. L’indiano aveva chiesto una serie di informazioni aziendali, in particolare una lista di tutti i dipendenti, comprensiva di costi, mansioni e settori di impiego, oltre a chiarimenti su quali fossero i marchi sui quali Bianchi intendesse far ripartire l’azienda. Del resto, nella lettera di intenti, si apprendeva che l’Ittierre si era impegnata a consegnare una bozza di piano industriale riparametrato su quattro licenze (al momento Aquascutum, Fiorucci, Guy Laroche e, pare, GF Ferrè, ndr) con conseguente adeguamento delle strutture organizzative destinate allo sviluppo delle stesse, ovvero logistica, spazi e personale.

 

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Una sfilata in azienda

I MARCHI. Secondo quanto riferito dall’entourage di Kainth in Italia, Bianchi avrebbe risposto di essere pronto a mostrargli ogni cosa una volta che il magnate asiatico fosse giunto a Pettoranello. Un invito, tuttavia, fatto pervenire il 20 dicembre, ma con scadenza appena tre giorni dopo. Se Kainth non fosse riuscito a presentarsi all’appuntamento, l’accordo sarebbe stato considerato non più in essere. E’ qui il perno della vicenda: Kainth, fino al 6 gennaio, non avrebbe potuto raggiungere l’Italia per motivi familiari. Una situazione, si apprende da una  lettera di Kainth del 22 dicembre, che sarebbe stata perfettamente conosciuta anche da Bianchi. Al di là dell’impossibilità di incontrarsi, l’imprenditore indiano, tuttavia, mostra di non gradire affatto l’atteggiamento dl possibile socio italiano. Sostenendo, per prima cosa che le informazioni richieste non avrebbero avuto alcun carattere di riservatezza, essendo state tra l’altro depositate presso il tribunale di Isernia. Non solo: Kainh scrive che la perdita di marchi quali C’n’c, Balmain e Galliano senza alcuna possibilità di recupero sarebbero state circostanze che avrebbero preoccupato finanche il management della controllata asiatica di Ittierre. E che nulla gli sarebbe stato detto in merito a possibili licenze ‘sostitutive’ di quelle perse per strada.

 

I LOCALI. Ancora,  in caso di costituzione di una newco, non sarebbe stato affatto scontato che i commissari governativi avrebbero nuovamente fittato i locali di Pettoranello a una società controllata ancora una volta, seppure in parte, da Bianchi. A pesare, com’è facile intuire,  la nota vicenda della prima rata della fideiussione da 4 milioni di euro, scaduta il 31 ottobre e non pagata dal numero uno di Ittierre.

 

LA QUOTA DI BIANCHI. Infine, Kainth dice di essere rimasto all’oscuro sulle modalità di partecipazione di Bianchi alla quota del 50 per cento della newco (se con capitali freschi o attraverso produzioni già esistenti o nuovi marchi). L’indiano, invece, come riferiscono dal suo entourage – già dalla metà di dicembre si sarebbe detto pronto a mostrare a Bianchi la propria consistenza economica tramite una società di intermediazione di Hong Kong che fornisce l’appoggio per le garanzie richieste, fungendo dunque da finanziaria per la Turkswood. Ma a tale disponibilità non sarebbe seguito altrettanto interesse da parte dei vertici di Ittierre.

Di qui, l’invito di Kainth a Bianchi – dal sapore di un autentico ultimatum – a fornirgli in tempi brevissimi tutte le informazioni necessarie. Da allora, però, sono passate quasi due settimane. E, da quanto spiegato dai consulenti di Kainth in Italia, nulla sarebbe cambiato. La sensazione è che Bianchi – questa l’opinione dei suoi consulenti in Italia – abbia usato il nome di Kainth come specchietto per le allodole, portando avanti per conto proprio altre trattative.

 

Ittierre, tramonta la pista indiana: Taff Kainth va da solo, presto il nuovo polo della moda
Giorgio Gagliardi con l’imprenditore indiano Taff Kaint

Ecco allora la decisione di portare aventi comunque, anche senza l’Ittierre, un progetto che ha origine già nel dicembre 2011. Quando Kainth, giunto a Isernia, aveva manifestato interesse ad avviare relazioni di natura imprenditoriale con strutture locali, al fine di dotare parte della propria produzione del cosiddetto Made in Italy. L’imprenditore firmò un protocollo d’intesa  Giorgio Gagliardi, allora presidente dell’Ampi, l’Associazione molisana piccole imprese. Un documento che prevedeva  la costituzione di una rete d’imprese ex legge 33/2009, con la quale si andava a sperimentare una produzione e commercializzazione di linee di prodotto realizzate con un ciclo di lavorazione tracciato e in grado di assicurare una produzione Made in ItaIy. Il progetto fu presentato all’Istituto d’arte ‘Manuppella’ e vide la firma anche della maison milanese Krizia. Ma che non riscosse particolare attenzione da parte della politica regionale, senza contare che Kainth chiedeva garanzie organizzative che le imprese molisane allora interessate non potevano assicurare. Oggi, tuttavia, le cose sembrano essere cambiate. Perché Kainth avrebbe praticamente in cassaforte una serie di accordi con tre o quattro marchi di grande prestigio. Già la prossima settimana, inoltre, sarebbe in programma una sua nuova visita a Isernia. Se l’occasione sarebbe stata ghiotta o meno, per l’Ittierre, si capirà presto. 

 

 

Ittierre, tramonta la pista indiana: Taff Kainth va da solo, presto il nuovo polo della moda
Giovanni Petrollini

La speranza è che quello indiano non fosse davvero l’ultimo treno. Anche se l’ipotesi di nuova concorrenza fa tremare i polsi, considerando l’attuale situazione di difficoltà. Giovanni Petrollini, amministratore delegato del polo tessile di Pettoranello, nei giorni scorsi ha fatto sapere di trattative avviate con una merchant bank, una banca d’affari, e con un fondo d’investimento. E di essere in possesso di alcune lettere d’intenti per una serie di produzioni, per quanto limitate. Prospettive, certo. Ma di concreto non c’è ancora nulla, almeno fino a  sabato 11 gennaio, quando il quadro dovrebbe finalmente definirsi.

 

Per ora, si apprende solo che nel piano concordatario esaminato nel corso del Consiglio d’amministrazione di ieri a Pettoranello – che potrebbe essere presentato al giudice fallimentare di Isernia, Valeria Battista, entro il prossimo 13 gennaio – c’è la richiesta all’assessorato al Lavoro della Regione Molise di cassa integrazione straordinaria per crisi per quasi 600 dipendenti: 579 di Pettoranello, 19 dell’outlet di Roccaravindola. La cigs – nonostante la presenza di cassa integrazione ordinaria fino a maggio – durerebbe un anno e scatterebbe proprio dal prossimo 13 gennaio, evitando di mandare gente in cassa a zero ore. La circostanza ha provocato l’intervento dell’assessore regionale al ramo, Michele Petraroia, il quale ha invocato “un preliminare coinvolgimento della Direzione Generale VIII del ministero del Lavoro in termini sostanziali più che formali, a tutela delle giuste aspettative delle maestranze collocate in cigs”. A tal proposito, Petraroia ha sollecitato per competenza “un tempestivo intervento chiarificatore della prefettura di Isernia nel rapporto con il ministero dello Sviluppo e con il ministero del Lavoro. L’attivazione del tavolo ministeriale di confronto sulla vertenza può essere richiesto solo dalle parti e non dalla Regione Molise che non ne ha titolarità, con la conseguenza sostanziale che un eventuale procedura di cigs definita in sede di assessorato regionale al Lavoro potrebbe incorrere in un’istruttoria complessa nei preposti uffici del Ministero. Pertanto – ha concluso l’assessore – al solo fine di individuare un percorso istituzionale coordinato, propedeutico ad un accesso positivo agli ammortizzatori sociali per il personale dell’Ittierre, sollecito un raccordo con la competente struttura ministeriale teso ad evitare ogni e qualsivoglia problema procedurale”.

                                                                                                                                                                            FC

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