Zuccherificio, lavoratore discriminato scrive a Frattura: nessuna risposta

“Gent.mo presidente,

sono rimasto veramente sconvolto dalla disperata testimonianza del signor Alfredo Faiella, una delle tantissime vittime di questa crisi economica ed industriale senza precedenti che sta uccidendo il Molise. Ho aspettato e pensato prima di scriverle, ma alla fine è stata proprio la sua lettera del 1 maggio scorso in risposta a Faiella e a tutti i lavoratori molisani a convincermi a farlo. Le dico subito, tanto per essere chiari, che non sono un suo elettore, né appartengo alla categoria dei ‘pentiti’ del voto, né dei saltimbanchi di cui il nostro Molise è pieno.

Nella missiva lei parla di “sofferenza vera, profonda, la stessa che lo accomuna (il Faiella) insieme a migliaia di altri molisani”; e ancora di “correttezza, trasparenza, assunzione di responsabilità” quali “capisaldi della nostra azione politica. Ci appartengono ancora prima come uomini. Non facciamo chiacchiere, non giochiamo d’imbroglio”, impegnati a “favorire un processo di rinascita occupazionale della nostra regione”. Mi spiace, caro presidente, ma tutte queste sue belle parole lasciano il tempo che trovano: lei da quando è al governo della Regione non ha affrontato ‘di petto’ nessuna questione, a cominciare da quella più importante, la più delicata e drammatica, il lavoro. In data 28/06/2013 le ho scritto una lettera (raccomandata A.R.) a cui né lei né gli altri destinatari (ad eccezione dell’assessore Petraroia, seppur dopo molto tempo) avete dato alcuna risposta (se non quella di far tornare indietro la ricevuta di ritorno). Lei, egregio presidente, non ha risposto né al cittadino né al lavoratore, né ha risposto al padre di famiglia: ha cestinato la mia missiva, punto e basta, ignorando una situazione di cui lei è istituzionalmente responsabile. Mi creda, speravo fosse una persona più sensibile e attenta, ma evidentemente devo ricredermi. Sono un lavoratore a tempo indeterminato dello Zuccherificio del Molise S.p.A., che con il nuovo socio privato (G & B Investments S.p.A.) è stato demansionato e messo in ferie forzate (l’unico di tutta l’azienda). Non avendo mai ricevuto alcun richiamo edavendo svolto in modo irreprensibile il mio lavoro, devo dedurre che la mia unica colpa è stata forse quella di non aver mai accettato di omaggiare servilmente i padroni di turno, anteponendo (al contrario di altri) la propria dignità ai facili percorsi di carriera. La condizione di demansionamento e di frustrazione delle proprie competenze e delle proprie esperienze maturate in anni di ineccepibile servizio è proseguita anche in seguito alle recenti vicende societarie (concordato preventivo, costituzione newco. ecc.); E infatti, anche dopo la ripubblicizzazione della società seguita alla estromissione dell’ex socio privato (Perna), il sottoscritto ha subìto una serie di condotte aziendali pressoché analoghe alle precedenti, oltretutto vedendosi negata ogni possibilità di avere un colloquio con l’amministratore delegato, richieste dapprima verbalmente (attraverso il dottor Feligini/Tempogest) e poi con richiesta scritta del 27/08/2012 protocollo n° 19. Il demansionamento è stato confermato addirittura nell’accordo sindacale del marzo 2013, laddove incredibilmente, tra gli amministrativi dei 27 lavoratori della S.p.A. che non hanno aderito all’esodo incentivante, tutti gli altri sono stati richiamati al lavoro (a far data dal mese di maggio), mentre l’unico ad esserne rimasto escluso è stato proprio il sottoscritto. Tale esclusione appare gravemente discriminatoria ed oltretutto, non essendo mai stata né motivata né giustificata, sembra quasi aver assunto i connotati di una esemplare punizione ad personam che risulta incomprensibile nelle cause e nelle motivazioni;. Da qui la mia lettera, che concludevo chiedendo al “presidente della Regione, azionista unico della società, nonché agli onorevoli assessori competenti per delega, di procedere a verificare quanto esposto e a sostenere, conseguentemente, le proprie ragioni ove riscontrate come tali, anche al fine di scongiurare condotte se del caso antisindacali e/o gravemente discriminatorie perpetrate da un management in ogni caso pagato dai contribuenti (e da quanto si apprende dalla stampa, anche con compensi e benefit diciamo non proprio da austerity…) Le scrivo nuovamente oggi che la ‘telenovela’ lavoratori dello Zuccherificio si è positivamente conclusa, per tutti tranne che per il sottoscritto, ovviamente. Qualcuno mi ha rimproverato di non averla raggiunta ‘utilizzando’ amici comuni o addirittura di non aver rinunciato ad esprimere la mia contrarietà rispetto ad alcune decisioni del suo governo che ho considerato pessime (come altro giudicare l’indecente discussione sui 2.400 euro di portaborse o sui rimborsi di 4.500 netti al mese mentre il Molise affonda sotto la scure di una disoccupazione spaventosa?). Non l’ho fatto perché mio padre, operaio e comunista fino alla fine dei suoi giorni, mi ha insegnato il valore di poter camminare a testa alta, sempre, senza doversi piegare per difendere dei diritti sacrosanti della persona. Con quale credibilità, nella sua lettera del 1 maggio, rivendica il valore della “parola data” se poi in realtà non ha sentito non dico il bisogno, ma neanche il dovere di rispondere o convocare un lavoratore che ha avuto l’umiltà di esporle la propria drammatica situazione di lavoratore offeso nella propria dignità umana e professionale, peraltro di una industria interamente di proprietà pubblica su cui la Regione ha investito centinaia di migliaia di euro? E meno male che doveva essere il Molise di tutti, quello della trasparenza e delle pari opportunità. Non dico di imitare il governatore del Lazio Zingaretti, che risponde personalmente ai suoi concittadini (a suo dire anche utilizzando le ore notturne), ma almeno di prendere visione del contenuto di ciò che le viene rappresentato al fine di verificarne la veridicità, per porvi eventualmente rimedio senza costringere chi è già duramente provato a defatiganti quanto costose azioni giudiziarie. Altrimenti ciò che resta è la sensazione che la reazione violenta e rabbiosa che ha avuto durante l’ultima assemblea della Solagrital non sia stata una caduta di stile, ma una vera e propria cifra caratteriale e politica, che tuttavia non credo si addica ad un rappresentante politico che ricopre il suo ruolo. Non si scomodi a rispondere, ma sappia che proseguirò nella mia testimonianza civile e politica perché ‘più d’ogni umana giustizia, mi appartiene il diritto alla verità. E questa caro Presidente, non ha tempo’”.

Isernia, 12/05/2014

Walter Dell’Omo