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Paleolitico, scoperta eccezionale: trovato il resto umano più antico d’Italia

di Pasquale Bartolomeo

ISERNIA. A soli tre giorni da un evento straordinario per il Molise, ovvero la visita di Papa Francesco, la regione si appresta a vivere un altro momento di gloria, forse imperitura. Una scoperta eccezionale è stata fatta al Paleolitico di Isernia: a Isernia c’era l’uomo.

E’ stato rinvenuto, infatti, un dente di un bambino risalente a circa 600mila anni fa. Si tratta del resto umano più antico d’Italia, ritrovato nella scorsa primavera e analizzato scientificamente per mesi, prima dell’ufficialità. Allo stato attuale delle ricerche, rappresenta il più antico resto umano della penisola Italiana. Il ritrovamento è frutto degli scavi condotti in collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise e l’Università di Ferrara, con la direzione scientifica di Carlo Peretto, professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife, tuttora titolare della concessione di scavo rilasciata dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo.

IL DENTE DI UN BAMBINO NEL PALEOSUOLO. “Si tratta – come si legge nel comunicato congiunto del Ministero, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise e dell’Università di Ferrara – di un primo incisivo superiore sinistro da latte di un bambino deceduto all’età di circa 5-6 anni. Il dente mostra caratteristiche particolari che non si ritrovano negli altri reperti rinvenuti in Europa, seppur riconducibili ad un ampio contesto cronologico. Da questi si discosta perché più gracile e meno bombato. Il reperto rinvenuto viene attribuito all’Homo heidelbergensis sulla base delle sue caratteristiche, per le sue dimensioni e per la sua età cronologica. In Europa, infatti, l’Homo heidelbergensis è attestato a partire da circa 600 mila anni e rappresenta l’antenato dell’Uomo di Neanderthal, che si diffonde successivamente in tutta Europa e che scompare in seguito alla diffusione dell’Uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens) almeno a partire da 40.000 anni fa”.

Il dente umano rinvenuto ad Isernia “rappresenta – si legge ancora nella nota stampa – una scoperta straordinaria in quanto permette di fare luce sulla variabilità di Homo heidelbergensis, che sembra essere molto pronunciata, e di sottolineare la peculiarità dei resti umani italiani più recenti che mostrano spesso una persistenza di caratteri arcaici, se confrontati al resto dell’Europa, in particolare ai denti decidui provenienti dai siti francesi di Terra Amata, Lazaret, Grotta dell’Arago e Organc. Si sottolinea che i reperti umani in ambito europeo più antichi di 600 mila anni non sono frequenti. Particolare significato rivestono i ritrovamenti attribuiti all’Homo antecessor (Atapuerca, vicino Burgos, in Spagna) compresi in un arco cronologico tra 1,2 e 0,7 milioni di anni fa. L’olotipo di Homo heidelbergenis è rappresentato dalla mandibola rinvenuta a Mauer in Germania con una attribuzione cronologica di circa 600 mila anni fa”.

Il ritrovamento umano a La Pineta porta un arricchimento notevole al giacimento, già noto per la complessità delle archeosuperficie esplorate in questi anni, per la ricchezza dei reperti faunistici, per l’articolata produzione di reperti in selce e per le evidenze connesse con le strategie di sussistenza in un ambiente di 600.000 anni fa.

“Alle numerose informazioni che abbiamo potuto trarre con lo scavo – spiega il professor Peretto – che proseguirà per tutto il mese di luglio, e con lo studio dei materiali, ora si aggiungono le importanti notizie sulle caratteristiche fisiche del protagonista dell’insediamento Paleolitico e quanto abbiamo esplorato, recuperato, restaurato e studiato in tanti anni di lavoro acquista ora una dimensione ancora più umana”.

GUARDA LA VIDEOINTERVISTA: 

LA PRESENTAZIONE UFFICIALE DELLA SCOPERTA. Giovedì 24 luglio, alle ore 17, nella sala polivalente del Museo del Paleolitico, ci sarà la presentazione ufficiale degli risultati delle ricerche; delle analisi, in corso, del reperto umano; dei futuri sviluppi della presentazione museale del giacimento paleolitico; delle più recenti pubblicazioni scientifiche e divulgative. 

LA SVOLTA PER IL MOLISE: VIETATO SBAGLIARE. Per Isernia e l’intero Molise potrebbe trattarsi, finalmente, della svolta tanto attesa. Dopo 30 anni di impegno, gli sforzi di quanti hanno dedicato ogni attimo all’eccezionale giacimento isernino potrebbero essere stati ripagati come meritavano. Peretto non esclude, inoltre, che possano essere rinvenute altre tracce, a questo punto, dell’uomo paleolitico. Pertanto, adesso tocca alla politica e alle istituzioni: una straordinaria opportunità che non si può lasciar sfuggire. Fondi per le ricerche, uomini, mezzi, tutto quanto è necessario fornire va accordato. Poi, si dovrà passare a una fase di promozione turistico-culturale a tappeto. Per far riempiere quel sito, tutti i giorni, di visitatori e turisti da tutto il mondo.

IL MUSEO PALEOLITICO. Cinquemila circa i resti presenti all’interno del museo, la testimonianza della vita umana in Molise: in merito, il ‘Corriere della Sera’, nel dicembre scorso, ha parlato di cugini molisani dell’Homo Heidelbergensis’, che mangiavano carne cruda di enormi animali feriti o già sbranati da altre bestie”. Le ossa venivano spezzate “per nutrirsi del midollo. Finito il pasto, i resti venivano gettati in una parte del fiume Volturno, che oggi non esiste più. Lì, in quel letto prosciugato da decine di migliaia di anni – ancora il ‘Corsera’ – è stato ritrovato un materiale veramente unico”. Intorno al quale, nel 2012, è stato aperto il  padiglione scientifico, dove i visitatori – 11mila da aprile a dicembre del 2013 – hanno la possibilità di ammirare il prezioso paleosuolo. Si tratta di una porzione restaurata della paleosuperficie ancora in corso di scavo, che raccoglie numerosi reperti: resti di elefanti, bisonti e rinoceronti che, nell’era più lontana, hanno popolato il territorio molisano. Il paleosuolo è stato riportato alla luce e restaurato dagli studiosi dell’Università di Ferrara, in collaborazione con esperti dell’ateneo molisano. Responsabile dell’area museale isernina, è l’archeologa dell’Università del Molise Antonella Minelli. A supporto dei turisti, è stata installata una postazione multimediale che accompagna gli utenti nel loro viaggio nel periodo Paleolitico, aiutandoli a ricostruire i momenti storici salienti e le caratteristiche dei reperti esposti.

ISERNIA ‘LA PINETA’: LA STORIA. Era il 1978 quando Alberto Solinas, appassionato di archeologia, portò alla luce diversi reperti, emersi a seguito dei lavori per la costruzione della superstrada Napoli-Vasto. Gli sbancamenti misero in luce potenti stratigrafie che si estendono per centinaia di metri, con uno spessore anche di 10 metri, da cui affioravano numerosi resti di fauna associati a strumenti litici di indubbia antichità. Solinas interessò subito del ritrovamento i professori Carlo Peretto e Benedetto Sala dell’Università degli Studi di Ferrara. I campioni di varia natura provenienti dal giacimento Paleolitico, dopo vari esami, furono giudicati databili tra i 650mila e i 700mila anni fa. Gli interventi di scavo, condotti tra il 1979 e il 1993 per poi riprendere nel 2000 e ancora oggi in corso, hanno riguardato due distinti settori: il I settore di scavo, posto a Nord-Est del tracciato ferroviario, dove tutt’oggi le attività di ricerca sono in corso, e il II settore di scavo, posto a Sud-Ovest del tracciato ferroviario, a circa 50 metri dal I settore, indagato esclusivamente nel 1979 su una superficie di 90 metri quadri. La Pineta, insomma, rappresenta solo una piccola porzione di un giacimento enorme che deve essere ancora portato alla luce, sul quale si lavora ogni estate.

I REPERTI. Il materiale paleontologico e paletnologico rinvenuto è per lo più caratterizzato da numerosi frammenti ossei appartenenti a bisonte, rinoceronte, ippopotamo, orso, elefante e cervidi associati in misura variabile a resti di industria litica sia in selce che in calcare. La distribuzione areale dei reperti è piuttosto omogenea e regolare, soprattutto per quanto riguarda i reperti faunistici. Quanto all’industria litica di ‘Isernia La Pineta’, essa è rappresentata da migliaia di manufatti, in selce e in calcare, distribuiti in maniera variabile su tutte le quattro archeosuperfici individuate.

Il museo è aperto al pubblico tutti i giorni, tranne il lunedì. Il prezzo del biglietto d’ingresso è di soli due euro, ma i minori di 18 anni, gli over 65 e le scolaresche non pagano. Visite guidate e laboratori didattici (gratis) su prenotazione al numero 327/2803696.

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