Chiusura Camera di Commercio, i dipendenti si appellano alle imprese

ISERNIA. Cercano di tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema dello smantellamento delle Camere di Commercio; cercano di ottenere un dietrofront da parte del Governo Renzi, e per questo hanno anche maniftestato a Roma. Ma non intendono fermarsi. Ed oggi lanciano un appello alle imprese. Si tratta dei dipendenti dell’ente camerale pentro che, unitamente ai rappresentanti sindacali e alle Rsu aziendali, spiegano con forza le loro ragioni. Le ragioni del ‘no’ ad una razionalizzazione spietata. “In questi ultimi mesi, sotto la voce ‘riforma’ – affermano – il Governo Renzi sta portando avanti una rivisitazione della Pubblica Amministrazione che prevede una forma di smantellamento anche delle Camere di Commercio. Nessuna contrarietà nei confronti della ‘riforma’ e quindi del cambiamento in atto, necessario quanto mai in un momento così difficile. Anche l’ente camerale necessita di essere rivisitato e migliorato, ma non si può con un sol colpo procedere alla sua dismissione, colpendo la professionalità, la competenza, la tecnologia acquisita di tante persone che operano al servizio delle imprese. Non crediamo, perciò, che una tale istituzione meriti così di essere dismessa”. Questo quanto rivendicato nella Capitale, a Piazza di Pietra. Ma non è finita. “Riteniamo – prosegue la nota – sia necessario informare l’opinione pubblica di quanto sta accadendo, perché dietro a scelte populiste di apparente ottimizzazione della spesa pubblica, si possono celare ricadute importanti che vale la pena considerare a priori. Le Camere di Commercio, senza dubbio, appaiono ‘appetitose’ per il tesoretto che esse rappresentano. Si tratta però di risorse che non provengono dal cittadino-contribuente ma dal sistema della imprese e nei cui confronti ricadono sul territorio. Ogni impresa iscritta, in cambio di una serie di servizi, paga un diritto annuale che ammonta mediamente a circa 100,00 euro, variabile a seconda della forma giuridica, partendo da una base di 88,00 euro per le imprese individuali a valori più elevati per le società, sulla base del loro fatturato. Ci rivolgiamo, pertanto, agli unici soggetti che sono in grado di valutare e quindi decretare se l’ente camerale è utile oppure no: invitiamo le imprese del nostro territorio a riflettere su cosa accadrebbe se venisse abolito il diritto annuale e, quindi, decretata la chiusura sul territorio delle Camere di Commercio”. Ed ecco che gli operatori del settore si rivolgono direttamente alle aziende. Le sole in grado, forse, di salvarli. “Oggi, in cambio della quota-media di circa 100,00 euro, il sistema delle imprese può disporre, nel proprio territorio provinciale, di un ente che ha le seguenti caratteristiche: le Camere di Commercio sono ‘vicine’ (la distanza alla quale ci riferiamo riguarda sia la prossimità al territorio di riferimento, sia la grande informatizzazione e la possibilità di accedere con un clik ai servizi e alle informazioni che la stessa eroga); sono ‘veloci’ (la media dei tempi di attesa è la migliore in assoluto rispetto alle altre Pubbliche Amministrazioni); sono ‘informate ed informatizzate’ (il patrimonio dei dati a disposizione delle Camere di Commercio è unico. Basti pensare al Registro delle Imprese, l’archivio più completo ed aggiornato della realtà produttiva italiana, il cui funzionamento è preso come modello da adottare nel resto d’Europa e che con l’abolizione delle Camere di Commercio potrebbe non continuare ad essere l’esempio di trasparenza dell’anagrafe delle imprese); sono ‘trasparenti e virtuose’; forniscono servizi di grande utilità nell’ambito della Regolazione del Mercato e della Concorrenza, attraverso la ‘verifica degli strumenti di misurazione’ a contrasto del pericolo di frodi (controllo delle pompe di benzina, dei contatori del gas e dell’acqua, delle bilance degli esercizi commerciali), detengono il Registro informatico dei protesti, gestiscono lo Sportello di mediazione e di conciliazione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie ( strumento ben più celere ed economico del ricorso alla giustizia ordinaria), forniscono consulenza su bandi e finanziamenti di progetti comunitari e su quelli d’innovazione tecnologica, vigilano sulla sicurezza dei prodotti, la tutela del Made in Italy e svolgono attività in materia di lotta alla contraffazione dei prodotti. Sono inoltre ufficiali roganti per tutte le pratiche di deposito di brevetti e marchi ed in genere di proprietà industriale. Ma, soprattutto, investono le risorse in entrata a favore della promozione del territorio di competenza. Senza le Camere di Commercio – continua l’accorato sfogo – le imprese risparmierebbero i famosi 100 euro annuali in cambio di servizi non più gratuiti e gestiti non si ancora da chi e da dove. Anche noi – concludono i dipendenti camerali – siamo d’accordo con il Governo Renzi che sia necessario trovare formule di risparmio a favore delle imprese, soprattutto in questo momento congiunturale particolarmente difficile, ma vere formule con interventi semplici, mirati, dagli effetti benefici sia in campo economico che etico, quali per esempio la riduzione dei diritti di segreteria, l’abolizione delle tasse di concessione governativa, e dell’imposta di bollo (di gran lunga superiori al diritto annuale e che vengono incamerati dallo Stato centrale e non dal sistema camerale) che gravano altresì sulle imprese a fronte di cosa? Si ritiene che la riforma delle camere di commercio debba ripartire da qui, dalla piena rappresentatività delle imprese sul territorio procedendo alla reale applicazione della Legge 580/93, prevedendo l’elezione diretta degli organi camerali, che debbono rappresentare una carica a carattere volontario e non retribuite”.