HomeREGIONEProvince, rispuntano i rimborsi per i consiglieri

Province, rispuntano i rimborsi per i consiglieri

ISERNIA. Dopo il Parlamento dei nominati, il Senato dei cooptati, ora le Province fatte a tavolino, votate e composte dagli eletti nei Comuni impegnati part-time nell’attività di nuovi organismi indefiniti nei contenuti e nella gestione. Tant’è che il 12 Ottobre si torna a votare. Per le Province, prima ridotte, poi cancellate e commissariate, ora riproposte nella forma che tanto piace al premier Renzi di enti di secondo livello non eletti dal popolo. Dopo mesi di mirabolanti annunci, in cui politicanti di destra e di sinistra hanno snocciolato le cifre dei presunti risparmi e hanno promesso che le avrebbero cancellate, oltre al danno arriva anche la beffa, in quanto il Senato ha approvato l’articolo 28 della riforma costituzionale, che sopprime dall’articolo 114 della Carta costituzionale l’indicazione delle Province come parte dell’articolazione territoriale della Repubblica.
Vale a dire che mentre un ramo del Parlamento, il Senato, depenna dalla Costituzione la parola «Province», l’altro ramo, la Camera, prevede invece le nuove elezioni nell’ente con tanto di oneri contributivi e permessi retribuiti per i consiglieri, ovviamente a carico del nuovo ente. Inoltre, solo a settembre l’esecutivo emanerà un provvedimento per specificare le competenze amministrative che lo Stato dovrà trasferire alle Province, che otterranno anche alcune funzioni delle Regioni. Esse potranno anche assumere altri dipendenti: all’articolo 11, infatti, si prevede per gli enti locali la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile. La durata in carica del presidente di Provincia sarà di 4 anni mentre del Consiglio provinciale di 2 anni.
Si cancellano anni di storia, decenni di consolidati rapporti con il territorio nella gestione di competenze fondamentali soprattutto per le comunità locali medio-piccole (scuole, viabilità, ambiente, lavoro, caccia, pesca, ecc.) nel nome dei presunti risparmi non dimostrabili né tantomeno dimostrati. La questione è che questa riforma oltre a non determinare alcun risparmio, produrrà effetti dannosi quantomeno nei primi anni di gestione di attività di grande rilievo per la qualità della vita delle comunità locali. Infatti a meno che non si ipotizzi di tagliare personale, attività e servizi essenziali ai cittadini, dei circa 10 miliardi di euro di spesa delle Province verrebbero meno i soli 110 milioni circa di costi degli amministratori, vale a dire circa 2 euro per abitante.
Siamo molto lontani dagli annunci di tagli e risparmi, era il 25 marzo scorso quando il neo premier Renzi cinguettava: “Se domani passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani #lavoltabuona”. Sicuramente ci saranno meno poltrone ma comunque resteranno votazioni, contributi per le spese agli eletti e nuove competenze, dunque il conto è presto fatto: le Province sono più vive che mai. Avrebbe avuto più senso mantenerle e magari tagliare altri enti intermedi come le Regioni, che dalla loro entrata in vigore hanno contribuito fortemente a far lievitare la spesa pubblica.

FC

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