HomeSenza categoriaIsernia, tracollo scongiurato: sbloccati 5 milioni di euro

Isernia, tracollo scongiurato: sbloccati 5 milioni di euro

ISERNIA. Ribalta una situazione che sembrava disperata, il Comune di Isernia. Il giudice del lavoro del tribunale di Isernia, Mario Ciccarelli, assegna infatti un punto importante al Municipio pentro in merito alla vicenda del lodo Spinosa. Palazzo San Francesco aveva chiesto la sospensiva di un pignoramento pari a oltre 5 milioni di euro ma il magistrato pentro, nell’udienza straordinaria dello scorso 22 agosto, ha addirittura concesso l’annullamento dell’atto di pignorabilità delle somme, ridando fiato all’amministrazione guidata da Luigi Brasiello in vista dell’approvazione del bilancio di previsione fissato entro la fine del mese.

Contestualmente alla nullità del provvedimento, il tribunale ha anche disposto lo sblocco immediato delle somme presso la tesoreria dell’ente, affidata a Unicredit. Denaro impignorabile per volontà politica, dato che lo scorso gennaio l’amministrazione aveva inviato un’apposita delibera alla tesoreria destinando le somme a servizi cosiddetti ‘essenziali’ per il Comune. Ciononostante, la banca tesoriera aveva preferito attendere la decisione del giudice, prima di svincolare le somme bloccate, che ora tornano nelle disponibilità dell’ente. Resta invece ancora pendente il ricorso in Cassazione, sempre presentato dal Comune, contro la sentenza n. 2400/2014 della Corte d’Appello di Roma del 9 aprile scorso, che aveva appunto condannato Palazzo San Francesco a pagare oltre 5 milioni di euro nella causa civile contro la ditta Spinosa Costruzioni, che si trascinava da lunghi anni. Con tale ricorso, l’avvocato dell’ente, Alda Colesanti, ha chiesto la nullità del lodo arbitrale, le cui origini risalgono addirittura agli anni Novanta, con l’azienda edile che aveva espletato parte dei lavori per l’acquedotto comunale (realizzando i due serbatoi di Colle dei Cerri, nei pressi di Valle Soda, e di San Lazzaro, oltre alle condutture che vanno dal quartiere medesimo alla piana di Carpinone). Durante l’esecuzione degli stessi, Spinosa aveva avanzato una corposa serie di riserve tecniche, in base alle quali l’impresa sosteneva di avere diritto alla maggiorazione del prezzo pattuito. Ultimate le opere, la ditta sembrava intenzionata a proporre una transazione con la Giunta allora in carica. Ma dell’accordo si sono perse le tracce.

LE AZIONI DELLA GIUNTA MELOGLI. Passano gli anni, cambiano i sindaci e nel luglio 2009 la patata bollente finisce nelle mani dell’ex primo cittadino Gabriele Melogli. Spunta una richiesta di ricorso a un lodo arbitrale. Si tratta di un procedimento stragiudiziale per la soluzione di controversie civili e commerciali, svolto mediante l’affidamento di un apposito incarico a uno o più soggetti terzi, normalmente in numero di tre, di cui due scelti da ciascuna delle parti. Da Palazzo San Francesco, però, non si scomodano più di tanto, anzi. Forti di un decreto legge (il cosiddetto Milleproroghe 2009) che fissava il divieto di ricorrere agli arbitrati negli appalti pubblici, dall’ente rifiutano l’arbitrato. L’abolizione era stata fortemente voluta dall’ex ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, per mettere un freno alle ingenti spese sostenute dallo Stato per questo tipo di contenziosi. Infatti, secondo l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, i giudizi arbitrali comportano costi molto alti per le pubbliche amministrazioni. E inoltre, laddove non sia intervenuta una transazione, le stesse amministrazioni sono risultate soccombenti nella grande maggioranza dei lodi (la percentuale si aggira intorno ai due terzi del totale).

IL LODO DEL 2010. Dal Comune pentro, tuttavia, fanno male i conti. In sede di conversione del decreto, la norma riguardante l’abolizione degli arbitrati è eliminata e viene ripristinato lo status quo ante. Ciononostante, le informazioni in possesso della struttura tecnica e dell’ufficio legale di Palazzo San Francesco fanno ben sperare l’amministrazione Melogli. Ma va male ancora una volta. Siamo nel maggio 2010 quando negli uffici municipali si scatena un terremoto. Arriva la decisione scaturita dall’arbitrato e il Comune risulta soccombente: sono state accolte tredici riserve tecniche della ditta Spinosa, che può vantare un credito di oltre 3,5 milioni di euro rispetto alla richiesta iniziale di 5,5 milioni. L’ex primo cittadino annuncia di voler dare battaglia, negando qualsiasi responsabilità sulla vicenda: “Noi non c’entriamo nulla con questa faccenda – affermava con fierezza Melogli – Siamo stati costretti a subirne le conseguenze, ma non ci faremo trovare impreparati. Dover sborsare una somma del genere significherebbe la crisi”. Con conseguente fine degli investimenti e paralisi amministrativa.

IL RICORSO IN APPELLO. Passano quattro anni e il Comune impugna la decisione dell’arbitrato dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, competente sul caso. Il 25 marzo scorso la pronuncia, con la sentenza che viene depositata il successivo 9 aprile: Comune condannato a pagare oltre 5 milioni tra lavori, interessi e rivalutazioni. Il Municipio aveva chiesto la nullità del lodo sostenendo di essere semplice concessionario e dunque invocando la nullità della clausola arbitrale, che avrebbe così impedito alla ditta Spinosa di chiamare l’amministrazione dinanzi all’arbitro. Ma i giudici capitolini hanno rigettato l’appello, dichiarando che il Comune, con la sottoscrizione del contratto, avesse assentito a tale clausola.

 

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