HomeNotizieCRONACAMaxi frode fiscale, Rosati interrogato dal gip

Maxi frode fiscale, Rosati interrogato dal gip

MILANO-PETTORANELLO. Si sono svolti oggi, presso il carcere San Vittore di Milano, gli interrogatori di garanzia nei confronti di Antonio Rosati, patron di Ittierre dallo scorso 3 aprile, e di altre sette persone arrestate nell’ambito dell’operazione ‘Ro.mo.lo.’, condotta dalla Guardia di Finanza del capoluogo lombardo. Gli indagati – tra i quali figurano anche 26 persone a piede libero – sono accusati di aver posto in essere una maxi frode fiscale da 250milioni di euro. Alcuni di essi si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere. Come si apprende dal sito web de ‘La Prealpina’, gli arrestati, secondo il giudice per le indagini preliminari Franco Cantù Rajnoldi, avrebbero dato vita, dal 2008 a oggi, a “un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e altri illeciti a danni dell’Erario, con evasione di Iva superiore ai 63 milioni di euro”.
In particolare Rosati, imprenditore con trascorsi nella dirigenza del Varese Calcio e attuale vicepresidente del Genoa, sarebbe per gli inquirenti il “promotore, organizzatore e capo dell’associazione per delinquere”, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. Il vertice di Oti (Officine Tessili Italiane), che ha rilevato Ittierre dopo che il giudice del tribunale di Isernia ha accettato il concordato preventivo e indicato quella della Hdc – la Holding del Conte, di proprietà di Rosati – come l’offerta più appetibile tra quelle pervenute, avrebbe svolto il ruolo di “amministratore di fatto” del consorzio Expo Job spa, con sede a Milano. Un consorzio che operava nel settore dei servizi logistici di distribuzione merci, facchinaggio, pulizie, ecc. a capo di una decina di cooperative che impiegavano circa tremila lavoratori e fornivano servizi, fra l’altro, anche all’area Cargo dell’aeroporto di Malpensa. Le cooperative sarebbero state intestate a prestanome che, sempre secondo quanto è emerso dalle indagini, dal 2009 non pagavano le imposte e i contributi ai lavoratori e che, dopo pochi mesi, chiudevano per poi riaprire con un’altra ragione sociale. In questo modo erano in grado di offrire maggiori ribassi nelle trattative fra privati, battendo la concorrenza.
Più nello specifico, il consorzio Expo Job era collocato sul mercato degli appalti di servizi alle imprese “come soggetto economicamente affidabile per la stipula di contratti di appalto a condizioni economiche vantaggiose per i committenti”, scrive ‘La Prealpina’. Expo Job, poi, subappaltava “l’esecuzione degli appalti medesimi a fittizie società cooperative di produzione e lavoro, prive di struttura organizzativa e aziendale, e preordinate ad arte alla sistematica omissione degli oneri fiscali e contributivi, pertanto non suscettibili di utile esecuzione forzata in caso di accertamento tributario”.
Le cooperative, secondo quanto è emerso da una conversazione telefonica tra l’ex calciatore della Juve e del Varese Bruno Limido e Antonio Luongo (entrambi in carcere) avevano anche la possibilità di reclutare lavoratori in Romania, con l’obiettivo di ridurre il costo della manodopera. In pratica, erano “semplici serbatoi di manodopera”, che comprimevano “il costo del lavoro attraverso la sistematica violazione della normativa fiscale e lavoristica” e fungevano da “schermo fittizio costituito al solo fine di abbattere il costo del lavoro e porre in essere illeciti fiscali”.
Stamani, tra l’altro, la Guardia di Finanza di Isernia si è vista anche in Ittierre, ma per questioni he nulla hanno a che fare con Rosati. Le Fiamme Gialle avrebbero invece acquisito documenti contabili inerenti ai mesi della gestione commissariale, in prosecuzione di un’indagine della procura di Isernia avviata già da i tempi del fallimento di Ittierre, con conseguente nomina dei tre commissari Chimenti, Ciccoli e Spada. Furono gli stessi funzionari governativi a denunciare un ammanco di qualche decina di milioni, per poi finire essi stessi nel registro degli indagati per la vicenda delle consulenze esterne milionarie, tra cui anche quella in favore del senatore di Forza Italia Donato Bruno, che divide lo studio, pur non essendo socio, con Stanislao Chimenti.

 

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