Al via, il 4 febbraio, il processo a carico di sette persone, tra dipendenti, consulenti e fasonisti dell’azienda tessile. Secondo la Guardia di Finanza avrebbero attestato fatture false per 10 milioni di euro emesse da quattro società, di cui una avente sede a Isernia. Uno degli imputati, in cambio, avrebbe intascato tangenti per 166mila euro. La gestione commissariale chiede 10 milioni di danni

ISERNIA. La vicenda della maxi truffa da 10 milioni di euro ai danni dell’Ittierre, consumatasi verosimilmente nel periodo di transizione tra Tonino Perna e la gestione commissariale, verrà affrontata nel corso di un processo. Il giudice per le udienze preliminari del tribunale di Isernia, Elena Quaranta, ha deciso il rinvio a giudizio per sette persone: un ex dipendente, un consulente e cinque tra fasonisti e produttori esterni, sei dei quali accusati di truffa aggravata in concorso e uno anche di riciclaggio. Ritirata l’istanza di rito abbreviato condizionato ad una perizia contabile, avanzata dai legali di uno degli imputati, il procedimento avrà inizio il prossimo 4 febbraio. L’ex patron di Ittierre, colui che, accortosi della truffa, presentò un esposto in procura, e i commissari straordinari (Stanislao Chimenti, Andrea Ciccoli e Roberto Spada) hanno inteso costituirsi parte civile nel processo. La struttura commissariale, in particolare, chiede 10 milioni di euro di danni: quello sparito nell’ambito del mega raggiro era, infatti, denaro pubblico, sottratto allo Stato, che ora la triade nominata dal Governo punta a recuperare.
Secondo le accuse, gli imputati avrebbero attestato la liceità di una serie di fatture false, per un importo di 10 milioni di euro, emesse da quattro società – una di Isernia, una di Perugia e due di Modena – operanti nella produzione di abbigliamento, che percepivano introiti per prestazioni o cessioni mai effettuate all’azienda tessile di Pettoranello. Il tutto nel periodo compreso tra il 2009 e il 2010 e grazie alla connivenza di due dipendenti infedeli. Ecco il modus operandi: uno degli imputati, all’epoca dei fatti contestati, era collaboratore interno della ex Ittierre Spa e il suo ruolo – secondo la Guardia di Finanza di Isernia, che ha svolto le indagini– “era quello di attestare la bontà delle fatture false, emesse da quattro distinte società (due delle quali riconducibili ad egli stesso), che venivano in tal modo puntualmente saldate per un importo complessivo di oltre dieci milioni di euro”. Costui avrebbe anche provveduto a tentare di ‘ripulire’ una parte del denaro proveniente dalla Ittierre Spa in amministrazione straordinaria attraverso una serie di operazioni finanziarie, nonché attraverso l’acquisto di immobili ad uso commerciale e abitativo – anche di pregio – a Isernia e Vasto, a quanto pare intestate a parenti e prestanome nel tentativo di sfuggire all’Agenzia delle Entrate. L’attestatore infedele, in cambio del visto che autorizzava il pagamento, avrebbe finanche percepito assegni circolari per 166mila euro dalle società beneficiarie: una mazzetta, in sostanza, non già sotto la consueta forma di contanti, ma attraverso un titolo di credito che garantiva la certezza del pagamento. Le indagini, delegate dal sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Isernia, Federico Scioli, alla Guardia di Finanza pentra, hanno permesso di rilevare come una società facente capo a uno dei sette accusati abbia anche sottratto 1.5 milioni di euro al Fisco. La stessa avrebbe emesso, negli anni 2009 e 2010, ossia nella fase contrassegnata dall’arrivo dei commissari straordinari, fatture apocrife in favore di altre società che, a loro volta, avrebbero tratto notevoli vantaggi economici da Ittierre. Una frode decisamente rilevante, in considerazione del fatto che, negli anni oggetto d’indagine, l’azienda di Pettoranello si è vista costretta a ricorrere alla legge Marzano per le grandi imprese in crisi.