Da Isernia a Campobasso: la crisi del Pd rischia di sconvolgere pure Palazzo San Giorgio

CAMPOBASSO. Inutile, ancronistica, inopportuna. La crisi al Comune di Isernia, anche per chi osserva da “fuori” gli ultimi accadimenti, non può che essere descritta attraverso questi tre aggettivi. Senza entrare nel merito, senza avere la presunzione di dividere con superbia i torti e le regioni, resta solo lo sconforto e la rassegnazione per uno spettacolo da prima reppublica, recitato purtroppo da chi non ha lo spessore politico e culturale di quell’epoca. Qualità che in parte compensavano l’eterna lotta di potere tra correnti e fazioni. Oggi ci viene negata pure questa consolazione.

Ma il problema è di natura pratica e, messi da parte i ricorsi storici e le nostalgie, resta un solo interrogativo: il masochismo della sinistra molisana rischia di travolgere l’intero sistema istituzionale regionale? Perché è evidente che la crisi isernina, pur avendo connotazioni locali, nasce nel partito che oggi ha l’onere e l’onore di guidare praticamente tutta la Regione.

Il primo pensiero va inevitabilmente a Campobasso, dove un centrosinistra non certo più solido di quello pentro (decisivi per la vittoria della primavera 2014 i tanti naufraghi del centrodestra) naviga già a vista, costretto a fare i conti a soli pochi mesi dal suo insediamento con i primi malumori interni e con la precarietà di una coalizione ampia ma eterogenea. Un centrosinistra, quello campobassano, che inoltre non può dichiararsi immune dagli umori instabili di un Pd che (non solo in Molise) conquista la ribalta per le sue troppe guerre civili interne, sempre in bilico tra il moltiplicarsi di correnti e minacce di scissioni.

Battista parte indubbiamente avvantaggiato: maggiore esperienza politica rispetto a Brasiello e maggiore conoscenza delle contorte dinamiche democratiche. Non solo: ha tutto il tempo per evitare quello che è già accaduto al collega. Ma basterà a scongiurare l’ennesima tempesta? Fra un anno o poco più conosceremo la risposta.

Jones