Zuccherificio del Molise, processo a rischio trasferimento

ISERNIA. Potrebbe essere trasferito a Campobasso o a Larino, per problemi di incompetenza territoriale, il procedimento con 16 imputati eccellenti – tra cui molti noti politici imprenditori – per la gestione dello zuccherificio del Molise. Ieri pomeriggio, dinanzi al giudice per l’udienza preliminare presso il tribunale di Isernia, Antonio Ruscito, il legale dell’imputato Michele Iorio, Arturo Messere, congiuntamente al pubblico ministero Federico Scioli, ha infatti sollevato la questione di competenza territoriale. Non Isernia, secondo il noto avvocato, ma Campobasso il tribunale tenuto a procedere. Una richiesta che invece ha visto altri avvocati difensori propendere per il palazzo di giustizia di Larino. Su tali istanze, il gup si è riservato di decidere: proseguire presso il tribunale pentro o sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte di Cassazione. Ieri, inoltre, è stato il giorno della richiesta di costituzione di parte civile da parte delle due associazioni Codacons e Assoconsum, nonostante l’opposizione dell’avvocato Messere, che ha sollevato la questione di carenza di legittimazione, non essendo a suo avviso le associazioni né danneggiate, né parti offese. Alla fine, il gup Ruscito ha ammesso solo il Codacons.
I fatti al centro del procedimento risalgono al 2009 quando, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, l’allora Giunta regionale, per tentare il salvataggio dello zuccherificio del Molise, in evidente crisi, individuò l’imprenditore isernino Remo Perna. Il quale, viste le condizioni particolarmente critiche in cui versava l’azienda termolese, fu scelto in pompa magna dall’allora governo regionale ma tra le ira delle opposizioni, che definirono da subito la scelta quale errore madornale. Uno dei più strenui oppositori dell’operazione fu Massimo Romano, ex esponente dell’Idv, che mediante varie esternazioni pubbliche sia sulla figura di Perna che sulla possibile configurazioni di reati per l’operazione, richiamò l’attenzione della procura di Campobasso. Fu proprio il pm Papa a dare il via all’inchiesta, a condurre le indagini e a fare le 16 richieste di rinvio a giudizio. Il procedimento però finì ad Isernia a causa di un’eccezione, mossa dal legale di uno degli accusati, sulla competenza delle procure. In pratica se catena di reati ci fu, il primo sicuramente era stato commesso proprio ad Isernia, sede legale di due società di Perna, beneficiarie di fondi regionali. Secondo la tesi accusatoria, quest’ultimo con tali fondi avrebbe acquistato le quote dello Zuccherificio di proprietà della famiglia Tesi. Tra gli indagati di spicco dell’inchiesta ci sono l’ex governatore della regione, Michele Iorio e l’ex assessore alla Programmazione, Gianfranco Vitagliano, ritenuto dall’accusa l’ideatore del complesso meccanismo societario utilizzato dagli imputati per facilitare il passaggio della proprietà aziendale. Entrambi devono difendersi dall’accusa di abuso d’ufficio e falso. A Remo Perna e ai suoi presunti prestanome Romano Deni, Vittorio Testa, Antonio Mucciardi, invece, viene contestato il reato di truffa: costoro, sempre secondo la tesi accusatoria, avrebbero distratto contributi pubblici, ottenuti dalla Regione per due aziende tessili, utilizzandoli per l’acquisto delle quote di controllo dello Zuccherificio. Sul banco degli indagati, con l’accusa di falso materiale e ideologico, anche Elvio Carugno, l’allora dirigente regionale delle attività industriali ed estrattive (che materialmente assegnò i fondi incriminati a Perna) già finito in carcere per un’altra inchiesta con l’accusa di truffa e peculato. Accusati del reato di aggiotaggio Domenico Porfido, presidente del Consiglio di amministrazione dello Zuccherificio, i fratelli Franco e Luigi Tesi, proprietari dell’azienda, Gabriele La Palombara, Stefano Benatti e Gino Vignone, consiglieri di amministrazione; infine, i revisori contabili dell’epoca, Roberto Vaccarella, Franco D’Abate e Paolo Verì, attuale consulente di fiducia del governatore Paolo Frattura.