CAMPOBASSO. Un vuoto enorme, anzi no: una vera e propria voragine. E’ il deserto che divide l’uomo solo al comando Matteo Renzi dal nuovo leader dell’opposizione Matteo Salvini.
Tanto diversi da sembrare, agli occhi di molti, quasi complementari, uno si rafforza grazie all’altro e viceversa. L’elettorato del premier non potrà mai essere quello del numero uno leghista, bravissimo a cavalcare l’onda del malcontento e a raccogliere consensi ma prigioniero in una dimensione politica sin troppo alternativa a quella del nuovo presidente del Consiglio a chiara ispirazione democristiana e quindi di governo, sostenuto (anche a malincuore per assenza di concorrenza) dalla solita classe media e produttiva del Paese, ovvero la cosiddetta maggioranza silenziosa che si lamenta a desnti stretti ma che poi guarda piuttosto al sodo.
Finisce allora che i due si odiano pubblicamente ma sotto sotto si amano, perché coosì ognuno conserva il proprio orticello elettorale. Chiaro che tra Renzi e Salvini, i due 40enni italiani alla riscossa, ci sarebbe spazio per qualcos’altro: un centrodestra di ispirazione moderata, riformista e liberale, più di proposta che di proposta. Una coalizione capace per sua stessa natura di recuperare allo stesso tempo parte di quelli che sono fuggiti col rottamatore e di coloro che invece accolgono con curiosità e simpatia il Matteo del Nord: entrambi lo fanno per necessità e non per convinzione. E basterebbe uno straccio di progetto politico a farli tentennare e tornare a casa.
Il palcoscenico molisano mai come oggi assomiglia a quello nazionale: Frattura nei panni di Renzi, tutto il variegato movimento antagonista (qui un frontman ancora manca) che in un certo senso interpreta Salvini. Sono in guerra ormai da mesi, ma una guerra senza vincitori e vinti che non sposta granché gli equilibri, congela la situazione e contribuisce a mantenere lo status quo.
Servirebbe anche a Campobasso e dintorni un centrodestra del tutto nuovo (magari attraverso il tanto vituperato strumento democratico dei congressi e delle primarie), per ridare slancio ai contenuti e alla classe dirigente di una coalizione che potrebbe rappresentare davvero la giusta e concreta alternativa democratica all’attuale sistema di potere locale.
Ragionamento talmente elementare che nessuno osa metterlo in pratica.
Jones