Categories: CRONACA

Droga, il legale di tre rom venafrani chiede il braccialetto elettronico

ISERNIA. Anche l’avvocato Gianluca Giammatteo, legale di tre dei quattro rom di Venafro arrestati nell’ambito dell’operazione antidroga ‘Last Dose’, ha chiesto la revoca della misura cautelare in carcere per i suoi assistiti. Scelta analoga a quella del collega Attilio Piermarino, difensore del rom isernino di 36 anni, anch’egli finito nella casa circondariale di Ponte San Leonardo. “L’approvvigionamento della droga – ha detto il legale a ‘Teleregione’, dopo aver scelto di far avvalere i propri clienti della facoltà di non rispondere a causa dell’ingente quantità di intercettazioni, che non gli è stato ancora possibile visionare per intero – è stato bloccato sia a Venafro che Isernia. Inoltre, la restrizione a casa inibirebbe comunque il ruolo contestato agli indagati. Per questa ragione ritengo una misura meno afflittiva potrebbe essere comunque compatibile con il prosieguo delle indagini, pertanto, sarebbe auspicabile la revoca della misura cautelare in carcere o, in subordine, i domiciliari, anche attraverso l’ausilio del braccialetto elettronico. Un sistema, quest’ultimo, che oltretutto consente di verificare i movimenti dell’indagato in tempo reale e in modo attendibile”. A dover decidere in proposito, sarà il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Isernia, Antonio Ruscito. L’operazione ‘Last dose’, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Isernia supportati da quelli di Venafro, era scattata alle prime ore di venerdì scorso e aveva portato all’arresto di sei persone, di cui 5 di etnia rom e un albanese residente a Pozzilli. Dalle indagini era emersa una rete di spaccio di sostanze stupefacenti tra Isernia e Venafro, nella quale venivano utilizzati anche bambini molto piccoli per le consegne. L’avvocato Giammatteo ha riservato una battuta anche sul ruolo delle mogli degli arrestati, indagate a loro volta. “È stato il gip – ha spiegato ancora – che con l’ordinanza di custodia cautelare notificata ha sostanzialmente fatto passare in secondo piano il ruolo delle donne, tanto è vero che l’ordinanza era più complessa. Il giudice Ruscito non ha chiesto l’esecuzione delle ordinanze nei confronti delle donne, ritenendole semplicemente una longa manus dei mariti ed evidenziando una posizione marginale delle stesse nella vicenda”.

Francesco Clemente

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