ISERNIA. Ottimi riscontri, ieri, per il convegno al museo del Paleolitico di Isernia dal titolo ‘Homo spelaeus – caving and exploring the knowledge over the dark’, che ha fatto da richiamo per gli esperti della materia in tutta la nazione. Presenti archeologi, antropologi, speleologi ed esperti di varie discipline attinenti, provenienti dalle Università di tutta Italia per discutere sul tema dei primi insediamenti umani e dei reperti trovati in grotte o anfratti, in cui i nostri antichi progenitori riuscivano a trovare riparo. A confrontarsi, dunque, esperti di varie discipline, che hanno tentato di dare un contributo alla ricostruzione il più verosimile possibile alla storia dell’uomo. L’occasione è stata propizia per fare il punto sulla situazione degli scavi in località ‘La Pineta’, la cosiddetta area del Paleolitico di Isernia. La zona, dopo i recenti ritrovamenti, è seguita con interesse da parte della comunità scientifica internazionale, ma malgrado ciò ancora non si riesce a farne un polo di attrazione turistico-scientifica che favorisca lo sviluppo economico della zona.
“I luoghi in cui è stato possibile indagare sistematicamente – ha detto la professoressa Antonella Minelli – hanno permesso di dare delle informazioni importanti sulla storia dell’umo come ad esempio la’Grotta reale’ di Rocchetta a Volturno, in cui è stata documentata la presenza dell’uomo di Neanderthal in Molise tra i 33 e i 40 mila anni fa. Le ricerche hanno permesso, altresì, di trovare rinvenimenti più recenti come dei ripari che non sono delle vere e proprie cavità profonde, ma piuttosto speroni rocciosi sotto cui trovavano riparo gli uomini del tempo”.
“E’ assolutamente eccezionale la possibilità di ricostruire – ha affermato il professore bolognese Paolo Forti – il tempo che è passato. Questa è una delle cose più importanti che adesso varie scienze, collaborando, stanno tentando di fare. Tentare di conoscere le abitudini e le usanze dell’uomo dell’epoca è una cosa importantissima”.
“L’immaginario collettivo – ha asserito, invece, Luigi Capasso dell’Università di Chieti – della comunità scientifica vede in questo luogo un posto in cui ha avuto origine l’umanità italiana, per cui vale la pena venire a visitarlo. Quello che piuttosto manca ancora è un’offerta turistica completa che riesca non solo a richiamare i visitatori, ma che riesca a farli rimanere in zona. Da un turismo mordi e fuggi, in cui gli appassionati vengono soltanto per visitare il museo del Paleolitico e poi vanno via, bisogna creare un percorso completo in modo tale da proporgli qualcosa di più e di interessante, in modo farlo sostare per più ore”.
Francesco Clemente