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Frattura: ‘Veneziale’, salvezza possibile

ISERNIA. Parola d’ordine, efficientamento. Per una buona sanità, basta migliorare l’esistente. Parola di Paolo Frattura, ospite d’onore in Consiglio comunale di Isernia, nel pomeriggio di oggi. L’assise, monotematica, ha la centro la sanità e il futuro dell’ospedale ‘Veneziale. Frattura, in un dettagliato intervento, ha snocciolato una serie di numeri. Dai quali, a sentir lui, deriverà la salvezza dell’ospedale di Isernia.

I lavori sono stati introdotti da un ‘ecumenico’ sindaco Luigi Brasiello, che ha auspicato il ritrovamento dell’unità tra i parlamentari del Pd e l’amico-governatore: “Propongo che da Isernia parta un messaggio forte di unità, che possa far tornare il sereno. I cittadini non ci consentono più litigi, altrimenti da Roma applicheranno il decreto Balduzzi dalla a alla z. Abbiamo bisogno di deroghe, che si possono avere solo se avremo un’unica voce. Tutto il Molise ha bisogno di fare fronte comune”. Peccato che Frattura, quelle deroghe, non le abbia mai chieste. Ma questa è un’altra storia.

Il governatore mette subito le mani avanti. Vede tra il folto pubblico presente in aula l’onorevole Danilo Leva ed esordisce dicendo: “So che mi rimprovererai, dicendo che la mia è una relazione fredda, ma se vogliamo parlare dello stato dell’arte dobbiamo parlare di numeri, di mobilità attiva e passiva”. Avrà ragione, la lavata di capo arriverà, eccome. Durissima, più di ogni altra volta.

Il ‘Veneziale’ non sarà un poliambulatorio – ha rassicurato Frattura – ma conserverà tutte le specialistiche con alcune modifiche, considerando l’inappropriatezza di alcune casistiche. Nel 2014 il Veneziale ha prodotto 18,1 milioni di euro di prestazioni per l’assistenza ospedaliera, pari a circa il 19 per cento della produzione delle spese Asrem, e ha generato una perdita di circa 6 milioni di euro”.

Poi la disamina delle performance dei singoli reparti: “Abbiamo il dettaglio economico specifico per ogni singola disciplina, per evidenziare i margini di miglioramento ed efficientamento delle risorse disponibili. Ad esempio, per il Punto nascita c’è un parametro di riferimento di 500 parti all’anno: qui a Isernia ci sono stati 406 parti nel 2013 e 453 nel 2014. Il parametro è vicino all’obiettivo, ma il dato drammatico è quello del numero dei parti cesarei. Rispetto a un parametro di qualità ed efficienza ci viene richiesto il 15 per cento, ma a Isernia si registra quasi il 40 per cento nel 2014”. Qualcuno tra i presenti inizia a mugugnare. Ma Frattura non è sembrato scomporsi: “Non mi interessano gli slogan, la politica della sanità fatta in mezzo alla strada, urlando. Rispetto al famoso regolamento Balduzzi, le discipline oggi a rischio, per mobilità passiva e numero di accessi e appropriatezza – e non per una scelta fatta a priori dal commissario e dalla struttura commissariale o dal legislatore – sono cardiologia, neurologia, ostetricia, otorino, oncologia. Gli indicatori di performance – sembrano un dato meramente freddo, ma rapportano comunque qualità e appropriatezza, difficoltà dell’intervento e tempi di degenza – danno in maniera immediata la rispondenza alla domanda di sanità, ma soprattutto alla qualità offerta dal ‘Veneziale’.

In chirurgia generale il 65 dei Drg (acronimo di Diagnosis Related Groups, ovvero Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi, con cui si indica il sistema di retribuzione degli ospedali per l’attività di cura, introdotto in Italia nel 1995, ndr) erogati è di tipo medico, il limite dovrebbe essere del 25 per cento. Inoltre, la degenza media è pari a 8,06 giorni, superiori per il 40 per cento rispetto alla degenza media nazionale, pari a 5,7 giorni. Questi numeri – ha insistito il presidente – ci danno conto che non è un problema di deroga ai regolamenti, ma  un problema di efficientamento. Se noi utilizziamo il reparto di chirurgia per una degenza medica e non chirugica, evidentemente utilizziamo in maniera inappropriata il reparto, di cui sarà bene rivedere l’utilizzo”.

Per quanto concerne invece oncologia, “anche qui abbiamo una percentuale esageratamente elevata di inappropriatezza dei ricoveri, pari al 62 per cento. Vuol dire che probabilmente il reparto viene utilizzato esclusivamente per assistenza medica e non chirurgica. Su questi dati posiamo aprire tutti i dibattiti che vogliamo, ma sono purtroppo indicatori che misurano l’appropriatezza dell’offerta”.

Discorso analogo per medicina: “La degenza media è di 13 giorni, se poi entriamo nel merito dell’età dei pazienti, oltre l’80 per cento ha più di 65 anni: sembra più un utilizzo come reparto di lungodegenza – ha sostenuto Frattura – che come medicina”.

Un passaggio anche sul reparto di otorino: “Il 75 per cento della produzione è potenzialmente inappropriata anche qui, considerando che il parametro di riferimento è uno. Si parla di un indice di case mix pari allo 0,66, quindi siamo a circa il 60 per cento di una qualità appropriata che questo reparto dovrebbe offrire”.

Infine, terapia intensiva: “La degenza media è di 13 giorni, ma il case mix vuole che anche qui abbiamo notevoli margini di miglioramento”. Per il governatore “il consolidamento di queste discipline dipende esclusivamente dall’appropriatezza e dalla qualità con la quale le stesse saranno gestite. Evito di entrare nel merito del conto economico per singolo reparto, tenendo presente che basterebbe poco per efficientare il sistema. Il reparto di chirurgia addirittura produce un saldo ricavi/costi attivo: vuol dire che grazie alla mobilità attiva del reparto noi abbiamo un saldo di produzione attiva che, se efficientato in termini di Drg chirurgico e non medico, ci dà la possibilità di fare effettivamente progressi straordinari per quanto riguarda non solo chirurgia, ma anche ortopedia e pediatria”.

Ancora cifre e numeri: “In totale, il comprensorio di Isernia – considerando Isernia e Venafro – consta di 88.444 abitanti. In termini di assegnazione di posti letto, vale il parametro del 3 per mille: oggi siamo al 2,36 per mille. Uno squilibrio che possiamo sanare non solo immaginando la somma dei posti letto di Venafro con il ‘Veneziale’, ma anche in funzione di un’offerta qualificata, di un ulteriore incremento degli stessi posti letto, quindi esattamente in controtendenza rispetto a quanto qualcuno ipotizza. Tutto ciò che riguarda la bassa intensità, come la chirurgia ambulatoriale semplice o complessa, troverà soddisfazione presso l’ospedale di Venafro, potenziato però riequilibrando l’offerta e le discipline presenti al ‘Veneziale’.

Nello specifico, sarà opportuno parlare anche di cardiologia. Anche qui – ha aggiunto il commissario ad acta alla Sanità – è evidente che rispetto alla domanda va migliorata la qualità dell’offerta. Se rispetto a uno scompenso cardiaco congestizio la riammissione ospedaliera a trenta giorni dovrebbe essere inferiore al 15 per cento, e noi abbiamo una percentuale pari al 25 per cento dei casi, va da sé che dobbiamo migliorare ed efficientare l’assistenza rivolta ai pazienti.  Rispetto all’infarto miocardico acuto, la proporzione trattata entro due giorni è del 50 per cento rispetto a un benchmarck (dato obiettivo di misurazione, ndr) del 40 per cento. Anche qui diventa immediatamente possibile la dimostrazione dell’appropriatezza e dell’efficientamento rispetto a un reparto che continua a generare mobilità attiva”.

Poi la conclusione che, in teoria, fa ben sperare: “E’ evidente, che sui numeri, è volontà della struttura commissariale quella di confermare tutte le discipline, tutte le specialistiche oggi presenti al ‘Veneziale’. Ma è altrettanto evidente che uno sforzo di riorganizzazione, di efficientamento e appropriatezza, vada fatto.

Se entriamo nel merito della mobilità, giusto per dare qualche idea, abbiamo un saldo attivo pari a 1.192 pazienti, contro i 1.037 in mobilità passiva. Anche su quest’aspetto il saldo meramente ragionieristico è positivo. E se entriamo nel merito della mobilità passiva, ci rendiamo conto di quanto poco ci voglia per contenerla. Al netto dei 106 casi trattati al Gemelli o ancor di più, dei 104 casi trattati al Bambin Gesù, o se andiamo a considerare quelli nei vari ospedali di Chieti, di Vasto, di Napoli,  ci rendiamo conto di quanto poco ci voglia per invertire una tendenza che, purtroppo, vede i nostri corregionali andare a curarsi fuori regione. Ritengo che, rispetto ai 1037 casi, al netto del 20-25 per cento, il rimanente 75 troverebbe sicuramente soddisfazione nell’offerta sanitaria del ‘Veneziale’.

Se poi entriamo nel merito della mobilità attiva, ci rendiamo conto che il grosso viene dalla Campania. In particolar modo, su 306 Comuni, quello che più si rivolge a Isernia è Capriati al Volturno. Efficientare cardiologia e chirurgia, in particolare, ci permetterebbe di invertire la tendenza della mobilità passiva. Se tratto in chirurgia un caso che va trattato in medicina, o ancor peggio, tratto in medicina un caso che va trattato in una struttura di lungodegenza, non ritengo sia un problema del Molise e dei numeri – ha concluso Frattura – ma di evidente inappropriatezza di gestione dell’offerta sanitaria”.

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mikeante

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