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Veneziale, si opera solo in emergenza

ISERNIA. Il nuovo allarme sulla sanità pubblica regionale, che riguarda la riduzione delle sedute operatorie, è stato lanciato dal dottor David Di Lello, presidente regionale del sindacato anestesisti Aaroi-Emac (Associazione anestesisti ospedalieri italiani-Emergenza area critica). Ai microfoni di Telemolise, il sindacalista ha sottolineato che a fare le spese di questo enorme e pericolosissimo inconveniente non sarebbe solo il Veneziale, ma praticamente tutte le strutture pubbliche presenti sul territorio regionale. La situazione non sarebbe nuova al personale in servizio che da mesi, sulla propria pelle, prova a denunciarla.
A detta di Di Lello, sarebbe una situazione divenuta ormai cronica, che metterebbe a rischio la salute dei cittadini, e dovuta a motivi ben precisi. In primo luogo la mancanza di scelte politiche coraggiose che attuino quella riorganizzazione dei presidi territoriali, promessa e mai realizzata, dopo la riorganizzazione degli ospedali minori di Venafro, Larino e Agnone. In secondo luogo, dalla mancanza di personale che costringerebbe i dipendenti in servizio a turni massacranti. Infine, la presenza di quei campanilismi e personalismi che caratterizzano la politica locale e che frenerebbero il rinnovamento.
Attualmente, secondo il rappresentante della sigla sindacale, al Veneziale sarebbero garantite solo le emergenze e le urgenze chirurgiche, mentre al Cardarelli di Campobasso la situazione sarebbe ancor più drammatica. Difatti, dai primi del mese di maggio, sono state ridotte a dieci a settimana le sedute operatorie del Dipartimento di Chirurgia. Le nuove disposizioni metterebbero a serio rischio di complicanze sanitarie i pazienti che affollano i reparti in attesa di operazioni. A nulla sono valse le proteste dei vertici del reparto: per tutta risposta l’Asrem avrebbe ridotto ulteriormente le sedute arrivando a sette a settimana.
“E’ una carenza cronica che ci portiamo appresso da tempo – ha dichiarato Di Lello – Capisco che ci possano essere delle difficoltà di natura economica legate al disavanzo, ma sostanzialmente il tutto sarebbe legato alla mancata riorganizzazione, quindi a inesistenti scelte politiche che stanno determinando un accumulo di debito. Infatti, se non sbaglio, nel 2014 il tavolo tecnico ministeriale ha certificato un ulteriore disavanzo di 60 milioni di euro che, verosimilmente, verranno fatti ripianare ai cittadini molisani mediante un ulteriore aumento delle aliquote Irpef e Irap. A mio avviso la via d’uscita è una sola, la riorganizzazione, dettata dalla politica, della rete ospedaliera pubblica e privata. Non vorrei, invece, che questa difficoltà di garantire gli interventi chirurgici possa legittimare la nascita di altri soggetti, magari privati, che vadano a garantire questo servizio. Ormai è giunto il momento di rinunciare a personalismi e campanilismi che stanno distruggendo la sanità pubblica in Molise”.

Francesco Clemente

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mikeante

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