Scuole molisane in piazza contro “la brutta scuola”

CAMPOBASSO. Non si fermano le contestazioni del mondo della scuola e dei sindacati contro il disegno di legge n. 2259, la riforma del Governo Renzi che mira a riorganizzare il sistema scolastico nazionale. Dopo lo sciopero generale del 5 maggio, le segreterie regionali della Flc, Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams si sono ritrovate ieri pomeriggio in piazza Prefettura a Campobasso, per rivolgersi direttamente al prefetto, in qualità di rappresentate del Governo, e alla rappresentanza parlamentare molisana, attraverso un documento che riassume le considerazioni della scuola molisana sul disegno di legge in discussione alla Camera.
Un testo in cui si analizzano punto per punto le criticità di una riforma che, secondo i sindacati, “disegna la scuola secondo un modello autoritario, individualista, gerarchico, aziendalista, che discrimina e divide, ponendosi anche in contrasto con i principi costituzionali” e alla quale propongono un’alternativa che vede il sostegno e il consenso del mondo della scuola: “Più di 400mila docenti Ata e dirigenti – affermano – hanno firmato una petizione per rivendicare il rinnovo del contratto”.
Tra i punti maggiormente contestati della “buona scuola” di Renzi ci sono i finanziamenti privati, il piano assunzioni, che si teme possa portare ad un aumento della precarizzazione e il ruolo troppo centrale del dirigente scolastico. Secondo i sindacati, la finanziaria del 2015 ha tagliato 2.020 unità di personale Ata. Sono stati tagliati anche gli esoneri per i vicari e i commissari degli esami di Stato non verranno più pagati. Inoltre il Documento di Economia e Finanza prevede un’ulteriore riduzione delle spese in istruzione per i prossimi anni.
Riduzioni che si ripercuoteranno ancora una volta sui lavoratori che, secondo gli insegnanti, a dispetto di quanto dichiarato dal presidente del Consiglio saranno sempre più precari: “Nel testo continua ad essere presente la norma in base alla quale, dopo 3 anni di lavoro, se non si entra di ruolo si viene espulsi dalla scuola”, mentre “nulla si dice sulla mancanza di un contratto di lavoro da ben 6 anni e sulla perdita di oltre 6mila euro di potere d’acquisto dei salari”.
E dove i fondi pubblici scarseggiano il governo interviene con l’aiuto dei privati: il Ddl di Renzi prevede, infatti, altri canali di finanziamento per le scuole italiane quali il 5 per mille, i contributi volontari delle famiglie e le sponsorizzazioni. Aspetto che preoccupa le parti sociali, scettiche non solo sui reali contributi che potranno arrivare, ma anche sui meccanismi che si andranno a instaurare con il binomio finanziamento esterno/preside-capo. “Nel disegno di legge – si legge nella lettera – si impone un modello tutto incentrato solo sulla figura del dirigente, che individuerà i docenti sulla base di auto-candidature e criteri vaghi e poco trasparenti”. Il rischio, per gli insegnanti, è che i finanziatori esterni possano fare pressioni sui presidi per le assunzioni, cosa che si ripercuoterà inevitabilmente sull’autonomia dei docenti.
“Si mortifica l’autonomia che è soprattutto libertà d’insegnamento. L’autonomia non si sviluppa caricando sui docenti oneri e responsabilità, ma si sviluppa dando organico e risorse alle scuole dall’inizio dell’anno, liberandole dalle molestie burocratiche, rispettando il personale Ata. Autonomia non può significare trasformare le scuole in aziende – concludono i sindacati – e tantomeno piegare l’istruzione al mercato e alle imprese”.

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