Il rimpasto di Giunta rischia di trasformarsi nell’ultima resa dei conti interna ai Dem, con Scarabeo (in caso di rientro) e Totaro che potrebbero essere fuori dalla maggioranza. A quel punto servirebbero due esponenti dell’attuale opposizione per mantenere gli equilibri
CAMPOBASSO. Non serve scomodare i soliti retroscenisti per fare due conti e affidarsi alla logica in base alla realtà dei fatti. Una realtà che ha come emblema le parole dell’onorevole Pd Danilo Leva. “Sulla giunta regionale – si legge in un post su Facebook pubblicato dal giovane deputato qualche giorno fa – ho espresso in più di un’occasione il mio pensiero, bocciandone l’operato su problemi di merito quali la sanità, il lavoro e l’assenza di discontinuità nei metodi e nella scelta degli uomini rispetto al passato”.
Così come non serve la sfera di cristallo per immaginare l’ex assessore Massimiliano Scarabeo (in caso di ritorno in Consiglio regionale) seduto tra le file dell’opposizione. Insieme al politico venafrano, anche il capogruppo Pd Francesco Totaro potrebbe passare alla minoranza, perché è l’unico in Regione che rappresenta il pensiero di Leva e di quella corrente Pd (che vede in prima fila pure il senatore Ruta) schierata contro il duo Fanelli-Frattura.
Il punto è questo: il rimpasto di Giunta, l’elezione del nuovo presidente del Consiglio e dei presidenti di Commissione potrebbe, visto il clima rovente (infuocato anche dai noti fatti isernini) trasformarsi in una spietata resa dei conti interna ai Dem che porterebbe a una vera e propria “scissione” istituzionale.
Una non autosufficienza della maggioranza che costringerebbe l’attuale centrosinistra, come già riportato da diversi media locali, a guardare al centrodestra sperando di sostituire i due eventuali dissidenti e stabilizzare così gli equilibri fino al termine della legislatura.
Nulla di sorprendente, in fondo. Anche a Roma il Pd di Renzi non può fare da solo e ha bisogno dei cosiddetti “moderati” per restare al governo. Per l’esecutivo di via Genova una necessità e al contempo un limite, perché a quel punto il Partito democratico, il più votato in Italia e in Molise, rischierebbe davvero la deflagrazione, trascinando nella disfatta l’intera sinistra molisana.
Jones