Isernia torna al dopoguerra: Renzi taglia anche questura e vigili del fuoco. E la classe politica fa spallucce

ISERNIA. C’era una volta Isernia e la sua provincia. Ora, solo un deserto. In principio fu la Banca d’Italia. Poi il cosiddetto riordino della Provincia. Poi, ancora, l’accorpamento della Camera di Commercio. Di seguito la soppressione della prefettura. Ora, infine, anche la questura e il Comando provinciale dei vigili del fuoco spariranno. Isernia ripiomba negli anni Cinquanta, quando era null’altro che un paesino in via di sviluppo. Nel silenzio generale delle istituzioni, di parlamentari e consiglieri regionali utili solo a ingrassare i loro portafogli, si subisce l’ennesimo affronto ad opera di un governo non eletto come quello a guida dell’inutile Matteo Renzi, l’ultimo regalo di Giorgio Napolitano – dopo quelli altrettanto nefasti di Monti e Letta – agli italiani. Isernia chiude, insomma, o si appresta a farlo: ‘merito’ dello schema di decreto del Presidente della Repubblica che prevede tagli e modifiche all’assetto del ministero dell’Interno. A farne le spese, ovviamente, ancora una volta le periferie. 

Adesso è chiaro come il premier voglia trovare le risorse per non far scattare le clausole di salvaguardia volte all’aumento dell’Iva fino al 25.5 per cento, previste dal suo predecessore Letta qualora non si fossero rispettati gli obiettivi di finanza pubblica.  E’ molto facile fare cassa tagliando i pochi presidi dello Stato rimasti sul territorio, ma ciò comporterà inevitabilmente un impoverimento della zona, oltre che un arretramento delle istituzioni a favore di organizzazioni criminali. Proprio ieri è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica il decreto che prevede 100 milioni di euro di tagli aggiuntivi rispetto alla spending review varata dall’allora governo Monti con il Decreto legge 95/2012. Nessuna novità positiva all’orizzonte, anzi, oltre al taglio della prefettura, che sarà accorpata a quella di Campobasso, la provincia di Isernia perderà con ogni probabilità anche la questura e il Comando provinciale dei vigili del fuoco. L’artico 16 poi fissa i tempi della riorganizzazione, ossia alla data del 31 dicembre 2016 tutte le strutture accorpate dovranno cessare le proprie funzioni. Ovviamente, tra queste non poteva mancare l’accorpamento con Campobasso del Comando dei vigili e della questura di Isernia. Un vero e proprio accanimento verso una regione piccola, povera e, con ogni evidenza, poco degnamente rappresentata nelle stanze del potere. A differenza di quanto, invece, fatto con altri territori come l’Umbria o la Basilicata dove sono rimaste due province, anziché una sola come in Molise, e dove sono stati preservati tutti i presidi periferici dello Stato sia a Matera che a Terni, a differenza di quanto sta avvenendo nei confronti dei cittadini pentri. 

Un operato, quello del Viminale, che innescherà sicuramente un effetto a cascata sulle altre amministrazioni periferiche dello Stato. I primi a farne le spese saranno i Comandi provinciali di carabinieri e Guardia di finanza e, a seguire, Agenzia delle Entrate, Inps e Inail. Insomma, una decisione che mal si concilia con il riconoscimento dell’Area di crisi, voluta proprio per rilanciare l’occupazione e l’economia in regione. Per le zone che perderanno questi presidi – viene stabilito – «al fine di garantire la continuità delle funzioni già svolte sul territorio e la prossimità dei servizi al cittadino, potranno essere mantenuti sportelli per lo svolgimento di specifici servizi per non oltre un anno dalla data di cessazione della effettiva operatività delle strutture periferiche interessate dalla ridefinizione degli ambiti territoriali». Insomma, tra il 1° gennaio 2017 e il 1° gennaio 2018, per Isernia sarà l’anno zero.

Ancora una volta i molisani si troveranno inermi a vedersi scippato quanto sono riusciti a costruire in anni e anni di lotte e sacrifici. Ma, a far scalpore  più di tutto, è l’immobilismo della classe politica locale. Da parte del presidente della Regione Paolo Frattura non sono arrivate rassicurazioni di alcun genere su una possibile impugnazione dell’atto, discriminatorio, illogico e irragionevole per la provincia, innanzi alla Corte costituzionale. Mentre da parte degli altri cosiddetti rappresentanti si ricordano pochissimi fatti e parole troppo spesso in libertà, autoreferenziali e poco credibili. Una cosa è certa: sbagliare a votare, nelle prossime occasioni, sarà un definitivo suicidio. I molisani tutti lo tengano presente.