ROMA. Si è chiuso ieri, con la conferma della condanna a 17 anni, il giudizio proposto dai legali di Roberto Colombo, l’ex oculista che uccise la compagna Stefania Cancelliere, originaria di Isernia, a colpi di mattarello. I giudici della Corte di Cassazione hanno così messo fine ad uno dei più brutali uxoricidi avvenuti in Italia, respingendo il ricorso presentato dai legali dell’ex medico e ritenendolo responsabile dei fatti verificatisi nell’estate del 2012.
La famiglia della vittima ha accolto positivamente il verdetto della Cassazione, sottolineando che giustizia sarà realmente fatta soltanto quando per l’assassino si aprano le porte del carcere. “Adesso manca solo l’ultimo step – ha dichiarato Livio Cancelliere, fratello di Stefania – ossia la sua traduzione in carcere. Solo così mia sorella potrà davvero avere giustizia”. Una precisazione che trova spiegazione con quanto accaduto negli ultimi anni. Infatti, per Colombo erano scattati gli arresti, ma gran parte della condanna non è stata scontata in cella, bensì agli arresti domiciliari, prima in una clinica privata sulla riviera ligure e poi nella residenza della madre a Bergamo. La circostanza indignò, oltre che i familiari, anche migliaia di persone in tutta Italia, che sottoscrissero una petizione per chiedere al ministro della Giustizia Orlando il carcere per l’ex medico fino a quando i giudici non avessero emesso la sentenza definitiva. Richiesta che sortì l’effetto sperato, tanto che Colombo fu tradotto nel carcere di Bergamo fino a pochi giorni fa, quando per l’assassino furono nuovamente disposti i domiciliari in un paesino della provincia di Savona. Per tali ragioni i familiari della vittima continuano a perorare la detenzione in carcere per l’assassino e non si daranno pace fino a quando ciò non avverrà. “Il killer di Stefania – avevano scritto i parenti sulla pagina Facebook del gruppo dedicato alla donna scomparsa – rimane ancora impunito, dobbiamo solo sperare che non si dia alla fuga”.
