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Ospedale di Agnone, ecco come riorganizzarlo

AGNONE. “Oggi come oggi parlare della sanità e del Socio-Sanitario nella Regione Molise è argomento alquanto difficile e complicato, data la difficile situazione che tutta la Regione sta vivendo, in un momento che, definire caotico, appare visione ottimistica. Ovviamente, la nostra è ancora una sanità ospedalocentrica e la trasformazione della stessa sarebbe dovuta avvenire fin dall’inizio del piano di rientro, nel 2007, attraverso un potenziamento deciso del sistema territoriale, attraverso la creazione di Reti assistenziali capillari, a partire da quella dell’emergenza/urgenza, dall’aumento dei presidi e servizi territoriali per portare la sanità ai cittadini, dalla riqualificazione degli ospedali attraverso la creazione di veri centri HUB almeno per le malattie cardiovascolari, oncologiche e neurologiche, nonché per quelle neurodegenerative.

Che cosa è avvenuto: la necessità e la pressione del ministero dell’Economia, preponderante nel Tavolo Tecnico, ha imposto la logica dei tagli e dei risparmi soprattutto verso la riduzione di personale e strutture; la Regione Molise, che purtroppo ha da sempre gestito in modo perlomeno discutibile i fondi assegnati per tale comparto, non ha inteso prendere decisioni vere di riorganizzazione del sistema per tutelare situazioni particolari e interessi a volte locali; la mancanza di un dialogo costruttivo tra classe politica, ministeri dell’Economia e della Salute, tecnici regionali, operatori sanitari, professionisti sanitari e comitati hanno innescato un corto circuito generale che ha bloccato ogni decisione; inoltre, la mancanza di una vera governance del sistema ha prodotto interventi non coordinati – pensiamo ad esempio alla rottamazione selvaggia dei dirigenti medici – che non ha risolto i problemi né prodotto risparmi. Prova ne è che ancora oggi il Molise, con una sanità disastrata rispetto a quella di 7 anni fa, è riuscito a spendere un +1,30% , circa 666 milioni di euro, rispetto all’anno precedente, dando servizi impoveriti ai propri cittadini con un aumento esponenziale della mobilità passiva.

Di conseguenza, si è creata in tutta la Regione una situazione paradossale: l’erogazione dei servizi dipende dagli operatori in servizio e gli stessi servizi sono legati alle singole figure dei singoli operatori; con il blocco del turn over, appena l’operatore va in pensione, cessa o va in crisi il servizio che assicurava. Per cui, in tutte le realtà sanitarie della Regione c’è una situazione a gruviera: tutto funziona come in un palazzo dove ogni giorno si abbatte un muro o si toglie una finestra, con la struttura che si regge per miracolo, e si va avanti con l’arte dell’arrangiarsi. Per cui, ogni struttura pubblica è in crisi, mal funzionante, o funziona in maniera precaria e non assicura la sicurezza sanitaria necessaria.

Altro problema: le riforme che vengono messe in atto creano ulteriori problemi, perché non sono concertate e verificate con i tecnici di settore. Esempio, il riordino dei laboratori analisi con la suddivisione degli esami in urgenti, di base, di alta complessità: ebbene, si è fatta una divisione così puntuale e precisa da spaccare il capello, che di fatto complica la cura e l’assistenza dei pazienti nei reparti previsti ad Agnone, Isernia e Termoli, perché parte degli esami si può fare in un posto, parte in un altro, e il resto a Campobasso. Con tutti i rischi del caso per il trasporto, l’alterazione dei campioni, i ritardi nei risultati. Conseguenza: i costi non scendono, le giornate di degenza nel migliore dei casi aumentano, la necessità di ripetere le operazioni ha un rischio alto.

In una situazione del genere, complicata, quale dovrebbe essere la filosofia sanitaria per un’ottima qualità di cura? Compito di ogni buon Direttore Generale, in questa situazione, è prendere atto dell’esistente e ottimizzare al massimo uomini e risorse, e trovare soluzioni adeguate per il futuro, dando servizi reali alla popolazione, trovando soluzioni emergenziali. Come?
Voglio farvi un esempio, che riguarda l’ospedale Caracciolo. Pronto Soccorso: vi sono medici del servizio 118, infermieri, portantini, con l’ausilio dei medici di chirurgia nelle ore notturne. Mancano medici radiologici nella struttura. L’anestesista vi è solo per alcune ore, mancano diverse consulenze, ortopedica e otorinolaringoiatrica. Primo atto: elaborare protocolli precisi per la gestione dell’emergenza/urgenza che vi giunga con le proprie gambe in tale situazione, soprattutto i traumi da incidente stradale e ortopedici; prevedere, con i mezzi esistenti, l’eventuale protocollo per il trasporto materno assistito (Stam); investire rapidamente il necessario per consentire la lettura degli esami radiologici a distanza, per impedire il via vai di lastre verso Isernia con gli autisti del presidio; ricorrere all’attività aggiuntiva per l’anestesista per coprire il pronto soccorso e permettere l’esecuzione di TAC con mezzo di contrasto; poiché si ha a disposizione l’equipe chirurgica e la sala operatoria, riattivare la reperibilità relativa degli infermieri e dei chirurghi per affrontare l’emergenza/urgenza chirurgica possibile e/o l’intervento di messa in sicurezza del paziente e di stabilizzazione per un trasporto sicuro verso struttura attrezzata. Per la Chirurgia: avendo deciso di concedere l’attività aggiuntiva agli anestesisti, ripristinare il Day Surgery e il Week Surgery oltre l’ambulatorio complesso e riconsentire il Day Surgery ortopedico e tutti gli interventi oculistici, vista la possibilità esistente, oggi assurdamente bloccata.

In questo modo, con un investimento di 500.000 euro si renderebbero migliori servizi con un aumento di produttività della struttura di oltre 1,5 milioni di euro, con gli stessi soggetti presenti. Se tale logica fosse estesa alla Regione intera, di sicuro avremmo un miglioramento immediato della qualità attuale dei servizi pur vivendo nell’emergenza. Comunque, la più grande preoccupazione odierna è lo stallo che si registra a livello politico generale: non si può più rinviare la questione della riorganizzazione, da adottare in maniera urgente.
Infatti, il blocco del turn over e dei contratti a tempo determinato, con la prospettiva di licenziamento al termine dell’incarico, sta spingendo soprattutto i medici che lavorano con tale modalità nell’Asrem a cercare collocazione più sicura nelle regioni limitrofe, determinando un impoverimento di professionisti relativamente giovani per supportare il sistema. Un altro dato preoccupante, per l’Alto Molise, è l’aver fatto sfumare l’offerta della Regione Abruzzo per un aiuto per il Pronto Soccorso del Caracciolo, perché i colloqui in materia tra Regione Molise e Regione Abruzzo sono rimasti a livello embrionale per l’indecisione riscontrata. Un0ipotesi del genere è stata vista semplicisticamente come avere soldi dalla Regione cugina, tanto che negli ultimi tempi è stato deciso il potenziamento dell’emergenza/urgenza in alto Vastese con l’aumento di presidi 118, non medicalizzati, e la loro estensione H24, mentre l’accordo di confine avrebbe dovuto discutere tutto il confine, e non un singolo punto, ottimizzando le risorse presenti in entrambe le regioni e producendo risparmi significativi. Preoccupante è stato l’invio del solo Programma Operativo 2015-2017 al Tavolo Tecnico alla vigilia della riunione di luglio, mentre esso doveva essere inviato molto prima per le valutazioni del caso, e corredato anche da altri documenti: la riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale con il calcolo delle unità operative previste, l’indicazione del calcolo di tutti i contingenti relativi, la ricognizione del personale in servizio esistente e la sua eventuale riassegnazione, dopodiché la richiesta relativa per il personale a tempo determinato da stabilizzare e la richiesta di deroga al blocco del turn over per le figure rimaste scoperte. A questo punto, l’assenso del Tavolo Tecnico sarebbe stato automatico, perché dà certezza di costi e di servizi. La mancanza di una visione d’insieme che porta ad interessarsi della chiusura della chirurgia di Larino, dell’attività aggiuntiva al pronto soccorso di Venafro e di Larino, l’emanazione di provvedimenti in contrasto con il Programma Operativo non aiuta a definire meglio la situazione; la sempre annunciata e mai attuata azione di potenziamento dei servizi territoriali, che invece stanno progressivamente scomparendo, vittime anche essi della situazione complessiva della sanità pubblica; viceversa, si sta iniziando a registrare un aumento del privato di basso livello (ambulatori, studi medici, centri diagnostici), a fronte di un calo dell’efficienza della sanità pubblica, che potrebbe dilatare oltremodo il deficit qualora fossero stipulate nuove convenzioni per garantire i servizi ai cittadini.

Si deve avere il coraggio di riorganizzare in modo efficiente ed efficace: per cui, gli unici accordi obbligati vanno fatti con il privato di alta specializzazione (Cattolica e Neuromed) avendo il coraggio di affidare loro l’emergenza/urgenza cardiochirurgica e cardiovascolare interventistica e neurochirurgica/ neurologica/Stroke Unit, obbligandoli ad accettare ogni paziente portato lì in emergenza dalla Regione Molise. Dopodiché, per le altre strutture private bisogna discutere seriamente: non possono continuare ad essere doppioni della sanità pubblica in luoghi dove già esistono servizi identici. L’idea degli ospedali Isernia/Venafro e Termoli/Larino non va abbandonata, nel senso che le due strutture minori possono essere individuate per la chirurgia in ambulatorio complesso e day surgery, riabilitazione, lungodegenza, centri ambulatoriali ospedalieri collegati ai reparti degli ospedali di riferimento, nonché sedi elette di tutte le attività distrettuali. Agnone va definito ospedale di area particolarmente disagiata e agganciato al Cardarelli di Campobasso, con le modalità relative previste dal regolamento sugli standard ospedalieri. Vanno precisate con la massima chiarezza tutte le reti assistenziali e i protocolli di gestione di ogni emergenza, perché ogni postazione 118 presente sul territorio deve immediatamente sapere come e cosa fare e portare subito il paziente al centro di cura appropriato. Ma anche i Pronto Soccorso di Agnone, Isernia, Campobasso e Termoli devono avere indicazioni chiare per chiunque vi giunga con le proprie gambe.
Per dare sicurezza, a mio giudizio, basta poco: bisogna far funzionare l’esistente al meglio per garantire la salute dei cittadini, ma è necessario anche avvalersi, nella riorganizzazione, di tecnici veri che conoscano i problemi a fondo, e nella nostra Asrem ci sono, e non agire sulla base di interessi personali, ma avendo a cuore il soddisfacimento della domanda di salute dei cittadini”.

Don Francesco Martino

 

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