Prunus spinosa, la pianta del Molise che alimenta la speranza

BAGNOLI DEL TRIGNO. Il ‘Prunus spinosa trigno’, la bacca blu cobalto che cresce nella zona dell’alto Molise, continua la sua cavalcata verso la speranza di diventare un giorno un farmaco antitumorale oltre che simbolo di una regione piccola e sconosciuta ai più come il Molise. Per adesso l’estratto del frutto, ricco di antiossidanti, brevettato dalla Biogroup Srl di Bagnoli del Trigno, sarà utilizzato come coadiuvante nella terapia chemioterapica. Gli straordinari risultati in vitro ottenuti dall’integratore ‘Trigno M’ (ricavato dal ‘prunus’ addizionato a un complesso a base di aminoacidi, minerali e vitamine) sulle cellule tumorali saranno presentati alla Camera dei Deputati il prossimo 26 novembre.
Risultati che hanno avuto un’eco sulle più importanti riviste mediche, tanto che alla Biogroup sono stati letteralmente sommersi di richieste e prenotazioni provenienti dai malati di tutto il mondo. In questi casi la serietà impone di non alimentare facili speranze in persone che vivono e lottano quotidianamente con la malattia. Ad occuparsi del caso è stato anche il settimanale ‘Sette’. Il magazine del venerdì del Corriere della Sera ha intervistato la dottoressa Stefania Meschini, dell’Istituto superiore di sanità, che ha partecipato al processo di ricerca e brevetto sull’integratore prodotto nella piccola realtà molisana.

“Siamo stati sommersi di richieste, non solo dall’Italia – ha dichiarato al magazine Stefania Meschini – Purtroppo la disperazione alimenta speranze, ma siamo solo all’inizio, questo integratore, che coadiuva l’azione della chemioterapia può aiutare a stare meglio. Il prunus da solo non è efficace. Lo è grazie al mix che abbiamo brevettato, che è tossico per le cellule tumorali. Questa pianta ha formidabili effetti antiossidanti per l’alta percentuale di fenoli acidi. Nei test in vitro, abbiamo trattato cellule cancerose umane di cancro del colon, del polmone e della cervice uterina con l’estratto del prunus addizionato al Can, dimostrando che il Trigno M è in grado di uccidere il 70-80 % delle cellule tumorali utilizzate e di inibirne la proliferazione”.

Risultati sensazionali per una piccola realtà, che annovera appena 50 dipendenti, a dimostrazione di quanto sia importante investire sulla ricerca in ambienti che lavorino con serietà e all’avanguardia. Adesso la sfida è quella di riuscire a sintetizzare un farmaco antitumorale attraverso l’individuazione cioè delle molecole del ‘prunus’ che producono l’inibizione e la distruzione delle cellule tumorali. Una sfida non da poco, che richiederà investimenti, ricerca e sperimentazione sull’uomo. Insomma un lavoro che potrebbe durare molti anni e che senza fondi sarà difficile portare avanti.

“Lavoreremo per trovare la molecola del fitocomplesso e la molecola dell’attivatore che insieme determinano quest’effetto. Se ci riusciremo avvieremo i test in vivo. Ma ci vogliono anni, fondi, permessi. Ci vuole personale retribuito, in questa ricerca stanno lavorando due precarie biologhe bravissime, Maria Condello e la tesista Evelin Pellegrini, che hanno lavorato duramente in questi anni – conclude la dottoressa Meschini su ‘Sette’ – ma vorrei riuscire a pagarle e poter così garantire la continuità della ricerca, tanto faticosamente iniziata”.

FC