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Selfie e tag, pericoli in agguato

ISERNIA. Un semplice tag su Facebook può costare caro. Un selfie tra amici, un’innocua fotografia, una posa scherzosa, un particolare in apparenza insignificante possono essere oggetto di attenzione da parte di malintenzionati.

A metterci in guardia contro le insospettabili insidie del mondo web e social è Saverio Abbatiello, della società I-Forensics, laboratorio di informatica forense inaugurato a Isernia nel settembre 2014, che costituisce l’unico centro specializzato privato del Centro-Sud Italia.

L’esperto ci informa in dettaglio su una gerarchia dei principali pericoli sul web. Anche se parte da una doverosa premessa: non è la tecnologia a essere pericolosa, ma come viene usata. Internet, gli smartphone, le console di gioco sono utili e fanno socializzare, ma il modo di utilizzo è spesso sbagliato. Ecco perché bisogna pensarci due volte, prima di ‘condividere la propria vita’ sui social.

I SELFIE. “Un selfie può essere bello e divertente – spiega Abbatiello – ma il punto è che Facebook e gli altri social non sono certo canali di comunicazione blindati, non sono crittografati. Ecco perché un selfie sembra innocuo, ma può rivelare più informazioni di quelle che i nostri occhi guardano a prima vista. La foto da noi scattata non rimane sul nostro dispositivo, ma finisce su un canale che può esser visto dal mondo intero. Ci può essere un accompagnarsi con persone dalla reputazione incerta, a nostra insaputa: magari oggi non è un grosso problema, ma domani può diventarlo. Poi la foto ci rivela anche dove siamo: se qualcuno avesse una cosa, anche minima, da nascondere ci sarebbe poco da fare. Il selfie, poi, ha spesso elementi ‘ambientali’, come per esempio i gioielli di una donna, circostanza che può facilitare ‘cattivi pensieri’ da parte di malintenzionati. Ancor peggio sono i selfie coi bambini. Un eventuale adescatore li vede in faccia, li vede con noi, e non si può nemmeno escludere che qualcuno possa sfruttare una presunta nostra conoscenza per acquisirne la fiducia, possa capire il luogo dove si trova il minore, cosa piace al bambino, se ha un giocattolo in mano, che colore preferisce. L’occhio attento di un aggressore – ancora Abbatiello – cerca il minimo dettaglio: può carpire particolari sugli ambienti, su quadri di valore, su fogli con scritte riservate. Dando luogo così a possibili attacchi che, si badi, possono essere anche analogici, non solo digitali. E’ poi di difficoltà estrema seguire il percorso di una foto on line, che viaggia, va lontano, può essere rimaneggiata, lavorata, usata per chissà cosa. Anche se ci si ‘cancella’ da Facebook, si disattiva il proprio profilo, le foto rimangono in circolo definitivamente, cambiano circuito, possono essere scaricate da chissà chi e finire su chissà quali motori di ricerca. Se io scarico un documento ‘compromettente’, lo posso rimettere on line anche dopo anni e fare danno a qualcuno quando meno se lo aspetta. Perché tutto ciò che mettiamo in rete rimane in rete”.

I TAG. Ancor più pericolosi dei selfie sono i tag correlati agli stessi. Com’è noto, si tratta dell’assegnazione di un’etichetta a una immagine. Ma si badi, spiega il tecnico di I-Forensics, che “scrivere il nome di una persona su una foto costituisce una violazione della legge 196/2003, ovvero del Codice in materia di protezione dei dati personali. Collegare infatti un nome a un volto è cessione di dato personale. Occorrerebbe, anche nei casi di foto tra amici, paradossalmente, il consenso scritto per la cessione di dati a terzi. Ci sono già cause intentate ad hoc in cui il giudice ha condannato. E’ vero che Facebook propone l’opzione ‘rimuovi’, ma nulla vieta che domani il soggetto che ha autorizzato il tag ci ripensi e decida di far valere la mancanza di un’autorizzazione scritta”.

FOTO DI NEONATI. Terzo e ultimo aspetto da mettere sul podio dei pericoli è la diffusione di foto di bambini appena nati. “Un evento bello – argomenta Abbatiello – che chiunque vorrebbe immortalare, purché ci si ricordi che la foto non rimane a noi, una volta condivisa. Di più: in capo al neonato si crea un’identità digitale che non andrà più via. Ma sono le foto in generale che necessitano di grande prudenza: un domani una certa immagine può rispuntare, perché chissà dove è andata a finire. E può nuocere per il mutare del nostro status o per mille altre ragioni: se sono diventato un personaggio pubblico, anche una foto goliardica può risultare imbarazzante o ‘compromettente’, a distanza di anni. La causa della nostra disfatta, in tal caso, saremo noi stessi. Le emozioni su Facebook sono pericolose, ci rendono soggetti particolarmente vulnerabili. E possono essere usate contro di noi, in qualsiasi momento. Dunque, massima cautela”.

 

 

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mikeante

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