ISERNIA. Un atto di solidarietà concreta. È questo, in sintesi, l’obiettivo che si pone di realizzare la cooperativa ‘Lai – Lavoro Anch’io’. La società isernina, difatti, ha deciso di avviare un progetto con due giovani migranti senegalesi, attualmente ospiti della struttura di accoglienza ‘San Nicola’ di Sant’Agapito, per svolgere un tirocinio formativo di sei mesi presso il proprio orto botanico.

Per i giovani migranti, a disposizione 20 ore settimanali per imparare il mestiere di bracciante agricolo, concentrandosi in particolare sulle operazioni fondamentali quali la messa a punto di un impianto, la coltivazione, la riproduzione di prodotti ortofrutticoli e colture agrarie.

Come recita un comunicato della Lai, “attenzione particolare sarà data alla sicurezza sul luogo di lavoro e, nell’ambito del progetto, sarà assicurata la presenza di un tutor, Stefano Beltrani (dottore in scienze ambientali), che li affiancherà nell’attività agricola”.

L’intesa è stata ratificata nella mattinata odierna, in corso Risorgimento, nei locali della ‘Fabbrica delle idee’. A firmare il documento, che sancisce una nuova importante collaborazione, c’erano Katia Risi de ‘La casa di Tom’, società cooperativa che gestisce la struttura di accoglienza molisana, il presidente della LAI NinoSantoro, il sindaco del Comune di Sant’Agapito, Giuseppe Di Pilla, il presidente di Confcooperative Molise Domenico Calleo e Massimo De Marco, presidente dell’Apam, Associazione Produttori Apistici Molisani.

In base all’accordo siglato (dalla durata biennale), verrà sviluppato “un programma comune da attuare all’interno de ‘Il percorso dei sensi’, il progetto di agricoltura sociale che vede impegnati, già da tempo, i soci disabili della cooperativa LAI. I partner, ognuno per quanto di competenza, si impegneranno a portare avanti le attività per la realizzazione degli obiettivi che verranno valutati in itinere. L’intento di questa nuova intesa è offrire ai ragazzi stranieri una maggiore integrazione nel contesto locale, nonché il loro inserimento professionale”.

Insomma, si è al cospetto di un modo pratico per ‘fare rete’, per far integrare socialmente, culturalmente e anche da un punto di vista lavorativo giovani migranti che già hanno avuto dalla vita fin troppe privazioni.

G. C.