Quando eravamo giovani io e Ruzzone, dentro al consiglio comunale ci stavano due o tre che capivano, e che avevano fatto le scuole alte, e tre o quattro poveri cristi che alzavano solo la mano.
E ci stava un silenzio forte assai, che ti impressionava, quando il maestro o il medico parlavano.
Quando parlava l’avvocato, poi, tutti si addicreavano perché sentivi le parole che non sentivi mai: sacripante, segaligno, veruno, mera, probo, alterco, algido.
Ruzzone se le segnava tutte a memoria e quando tornava a casa le diceva alla moglie, tutte ammischiate, senza capire che cosa significavano.
La moglie lo guardava con ammirazione e gli diceva: “Quand’ si’ scem’!”
Da quando siamo tutti laureati, invece, ai consigli regionali si moccicano le recchie e ai consigli comunali si dicono le stesse cose che la moglie diceva a Ruzzone.
Per questo, alla Cantina Iammacone possono entrare solo quelli che al massimo tengono la quinta elementare.
Per un fatto di civiltà.
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