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Migranti, l’Arci Immigrazione: “Oggi come ieri sono una risorsa”

La riflessione dell’associazione di Isernia in occasione della Giornata dell’Emigrazione. Tracciato  un parallelismo tra i molisani costretti ad abbandonare la loro terra nei primi anni del ‘900 e i profughi arrivati nella nostra regione in cerca di un futuro migliore


ISERNIA. Un parallelismo tra i molisani che nei primi anni del 900 furono costretti a lasciare la loro terra in cerca di un futuro migliore e i migranti accolti oggi nella nostra regione. Lo ha tracciato l’Arci Immigrazione di Isernia in occasione della Giornata dell’Emigrazione molisana nel mondo, che si celebra oggi nel capoluogo pentro.

“Un’iniziativa lodevole e necessaria da condividere con tutta la nostra comunità per riflettere sulle nostre origini e sulla nostra storia – afferma l’Arci -. Nel solo periodo 1901-1915, si stima che oltre 171 mila molisani abbiano lasciato le loro famiglie, le loro case, le loro terre, per avventurarsi verso luoghi sconosciuti, e spesso inospitali, dove costruire condizioni di vita migliori di quelle che la nostra regione potesse offrire. Un dato enorme, se si considerano i numeri del Molise. Nello stesso periodo, dall’Italia partirono circa 8 milioni e 700 mila disperati, per lo stesso motivo. Un vero ‘esodo’. Storie di persone in cerca di fortuna, affetti negati, sradicamenti, sacrifici, a volte umiliazioni, che appena qualche decennio fa sono i nostri nonni o bisnonni ad aver vissuto. Come accade oggi per le persone accolte nel nostro paese, gli emigrati italiani facevano i lavori più duri e sottopagati ed erano spesso oggetto di pregiudizi e razzismo: erano considerati di indole violenta o addirittura mafiosi, superstiziosi per via del loro bagaglio culturale, ignoranti perché non volevano imparare la lingua del paese che li ospitava.

Erano persino vittime di discriminazione perché di pelle più scura! E come oggi accade nelle campagne o nei cantieri italiani, anche nella storia dell’emigrazione molisana non mancano episodi tragici, come le stragi nelle miniere di Marcinelle (8 agosto 1956) e di Monongah (6 dicembre 1907) quando perse la vita circa un centinaio di lavoratori molisani per le condizioni di lavoro insostenibili cui era sottoposto. Al di là del tempo e della geografia, però, l’emigrazione ha una radice comune, la memoria di ogni famiglia molisana lo testimonia.

È innanzitutto la storia di un riscatto, di una possibilità. I discendenti degli ‘individui indolenti, malvagi e indegni’, di cui parlava un becero sindaco di New Orleans alla fine del XIX secolo, sono diventati personaggi illustri, si sono affermati in ogni campo della vita pubblica. Hanno contribuito concretamente alla crescita economica e sociale delle comunità ospitanti, hanno portato idee e cultura in luoghi che hanno tratto beneficio dalla loro stessa ‘diversità’. Lo sanno bene quel milione di molisani che ancora oggi vivono sparsi in ogni angolo nel mondo, con la loro cultura e il loro legame, stretto e vitale, verso la nostra regione. Hanno dimostrato di essere una risorsa, la stessa che oggi è rappresentata dalle poche centinaia di profughi ospitati nella nostra terra. Anche per loro questa è un’opportunità per costruirsi un’esistenza, per offrire il proprio apporto di valori e di cultura, per contribuire alla crescita della nostra comunità”.

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