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Sanità, sette ‘case famiglia’ a rischio sopravvivenza

I tagli previsti nei Piani operativi sanitari interessano anche le strutture psichiatriche della regione. Circa la metà potrebbero essere soppresse con dimezzamento dei posti di lavoro, ridotti di circa 100 unità, e pazienti in balia degli eventi. Il Tar ha sospeso il provvedimento. Si ‘tratta’ con la Regione


CAMPOBASSO.  Se ne parla poco. Anzi, non se ne parla affatto. Eppure la notizia rappresenta l’ennesima emergenza per il Molise, in termini di offerta sanitaria e soprattutto di mantenimento dei livelli occupazionali, già provati dalla dura crisi in atto. Ebbene, stando al piano di riordino della sanità regionale, alcuni Centri di Riabilitazione Psicosociale, i cosiddetti Crp, detti anche Case Famiglia, sono a rischio chiusura, con grave pregiudizio per pazienti e lavoratori.

Un taglio previsto dal commissario ad acta, Paolo Frattura, che, con proprio decreto n. 68 del 2016, come caldeggiato dall’ex direttore generale per la Salute Marinella D’Innocenzo, recepiva quanto imposto dal Tavolo tecnico in materia di piani operativi sanitari 2015-2018, provvedendo dunque a una ristrutturazione del Dipartimento di salute mentale adeguandosi alla media nazionale, con conseguente ‘abbattimento’ di posti letto, strutture e servizi.

In Molise esistono attualmente 14 Crp (6 a Campobasso, 6 a Isernia e 2 a Termoli): si tratta di strutture residenziali, gestite da cooperative sociali, in cui si svolge parte di un programma terapeutico-socio-riabilitativo per utenti di competenza psichiatrica con presenza di personale nelle 24 ore. Il loro scopo è quello di offrire una rete di rapporti e opportunità emancipative all’interno di specifiche attività riabilitative destinate a pazienti particolarmente complessi e delicati. Stando al decreto commissariale, dovrebbe essere avviato un “processo di riconversione che prevede una diversa articolazione per intensità assistenziale e tipologia di pazienti. In qualche caso, la destinazione ad altro settore assistenziale”. In tal senso, ci sarà un “apposito decreto di riorganizzazione del Dipartimento di salute mentale e di posti letto”. Ancora: “L’obiettivo nel triennio è di potenziare e valorizzare gli interventi  terapeutico-riabilitativi in regime semiresidenziale tramite i 3 Centri diurni di Campobasso, Termoli e Isernia”.

Avendo ad oggi le strutture presenti sul territorio le stesse professionalità, specializzazioni e servizi, si intende procedere ad una diversificazione dell’offerta e ciò comporterebbe la necessità di eliminare dei centri.

Sarebbero sette i Crp a rischio. Addirittura avrebbero già potuto subire gli effetti del ‘riordino’ se non fosse intervenuto il Tar Molise. Alcune cooperative, infatti, attraverso l’avvocato del Foro di Campobasso Massimo Romano hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo del Molise con la speranza di ottenere l’annullamento del provvedimento del commissario ad acta. Il 13 febbraio scorso hanno ottenuto una sospensiva e soltanto il prossimo 7 giugno si entrerà nel merito della vicenda. Tuttavia, stando alle motivazioni contenute nell’ordinanza, al momento per i giudici “appare illogico e contraddittorio applicare una significativa riduzione dei posti letto in convenzione prima di procedere alla rideterminazione dei requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici necessari per il convenzionamento, con conseguente ulteriore effetto pregiudizievole patito dai ricorrenti, che si vedono costretti a gestire le strutture secondo parametri sovradimensionati che generano gravi diseconomie di gestione. Ulteriori profili potranno essere approfonditi nella sede di merito”.

Non resta che attendere. Ma non si può sottacere la preoccupazione per operatori del settore e pazienti. Complessivamente, i centri sono dotati di 144 posti letto, per 10 utenti a struttura, e al loro interno sono impiegate circa 200 unità (14 per struttura). Qualora, nel nome del piano di rientro dal disavanzo sanitario, la chiusura dei Crp dovesse essere definitivamente decretata, che fine faranno dipendenti e pazienti? Per garantire le cure saranno sufficienti i soli centri diurni?

Domande che probabilmente saranno sorte anche agli addetti ai lavori, che forse stanno aprendo a soluzioni alternative. Risulta, infatti, che il nuovo direttore generale succeduto alla D’Innocenzo, ossia la dirigente regionale Lolita Gallo, si sia mostrata più disponibile al dialogo con i gestori delle strutture in bilico, riconoscendo la possibilità di maggiori approfondimenti sulla questione e l’esistenza di margini di correzione. Trattative in corso, dunque, che potrebbero far sperare in una conclusione positiva della vicenda, magari in via stragiudiziale.   

Alessandra Decini

Alessandra

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