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I falsi miti social sull’immigrazione

Dai 40 euro agli alberghi di lusso, tutto ciò cui non bisogna credere


La fobia delle malattie e il timore della perdita dei posti di lavoro, uniti all’emergenza sicurezza sono all’origine degli atteggiamenti xenofobi che si vanno diffondendo nella società odierna alle prese, più che mai, con il fenomeno dell’immigrazione e che trovano il massimo canale di espansione nella rete. Storie raccontate, che soltanto in alcuni casi hanno un reale fondamento, mentre spesso si tratta di vere e proprie ‘bufale’ del web, ‘leggende metropolitane’, talvolta create ad arte, tanto dannose per la democrazia e per il vivere civile.

In prima linea nella lotta ai falsi miti in circolo sul web c’è anche l’organizzazione dei ‘Medici senza frontiere’, che tenta di riportare ordine in un mare magnum di informazioni, talune di dubbia provenienza e frutto di un becero populismo. Premettendo che tante sono le difficoltà per la gestione dei flussi migratori, specie in un periodo di forte crisi come quello attuale, alcune credenze andrebbero ‘ridimensionate’ o per lo meno ‘contestualizzate’.

Primo tema caldo per gli internauti è quello dei contributi per i migranti, trasformatosi in motivo di forte indignazione all’indomani del terremoto che ha colpito il centro Italia, con la necessità di trasferire intere famiglie in albergo. Ebbene, si è diffusa la lamentela circa la presenza dei rifugiati in hotel di lusso, al fronte degli italiani sofferenti. È stata criminalizzata la previsione di 35 euro al giorno per profugo, al fronte della disoccupazione dilagante tra i connazionali. Chiaramente l’immagine del migrante in una suite a quattro/cinque stelle è un’idea dei detrattori del sistema d’accoglienza. Fermo restando che il fenomeno è gestito dal ministero dell’Interno attraverso l’indizione di bandi con rigide regole. Ma soprattutto va snocciolata la questione dei 35/40 euro. I soldi non vengono dati direttamente ai migranti, bensì alle strutture di accoglienza, ad eccezione di due euro circa di diaria giornaliera: il cosiddetto pocket money. Questo denaro serve a coprire le spese per il vitto, l’alloggio, l’affitto e la pulizia dello stabile, gli stipendi dei lavoratori e altri progetti collaterali. Serve quindi a dare anche impiego a tanti italiani, giovani e meno giovani. Purtroppo, però, quando l’accoglienza non è organizzata secondo le regole, c’è il rischio di costringere i richiedenti asilo a vivere ai margini della società, alimentando situazioni di degrado. Ma in questo c’è bisogno, da parte del Paese ricevente, in questo caso l’Italia, di uno scatto culturale e di una dimostrazione di civiltà.

Altro punto controverso: la paura delle malattie. Per questo aspetto, ci è d’aiuto proprio ‘Medici senza frontiere’ che evidenzia come “nel corso di oltre dieci anni di attività mediche in Italia, l’associazione non ha memoria di un solo caso in cui la presenza di immigrati sul territorio sia stata causa di un’emergenza di salute pubblica”. Spesso, associate all’arrivo dei migranti, vengono citate malattie come tubercolosi, ebola e scabbia. “La tubercolosi – spiega l’Ong – è presente in Italia da decenni, non ha a che fare con i flussi migratori. E lo stesso discorso vale anche per la meningite”. Pure l’ebola sarebbe fuori dai rischi correlati ai flussi. Il virus è particolarmente aggressivo e si manifesta in un arco temporale molto stretto. I malati, contratta la malattia nelle zone centroafricane, non avrebbero il tempo di raggiungere né il nord Africa, né tantomeno l’Italia. Infine, la scabbia. Quest’ultima è una patologia della pelle che si manifesta in tutte le situazioni di scarsa igiene, in ogni parte del mondo, dunque. Tuttavia, curabile con una semplice pomata.

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Pasquale

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