Categories: CULTURA & SPETTACOLI

Lalli e Palumbo: contemporaneità importanti e necessarie

Le opere dei due artisti saranno in mostra nei locali dello Spazio Cent8anta di Isernia fino al prossimo 5 novembre. In esposizione quadri e scultura


di Giovanni Petta

ISERNIA. Saranno in mostra fino al 5 novembre prossimo, nello Spazio Cent8anta di corso Marcelli, le opere di Edoardo Lalli e Dario Palumbo. Entrare negli spazi espositivi del centro storico di Isernia e trovare i lavori di due artisti del territorio è già di per sé una bella emozione. Trovare qualità, impegno, bellezza e profondità è una ulteriore soddisfazione per chi attende da tanto il riscatto degli ingegni migliori della propria terra e la loro valorizzazione.

I quadri di Dario Palumbo sono opere pittoriche nonostante il pittore preferisca definirsi designer o più generalmente artista; nonostante l’utilizzo di materiali diversi, trovati nei pressi della stazione ferroviaria o chissà dove, e il concepimento delle opere che parte da un nucleo di interiorità, fortissima e consapevole, che niente sembrerebbe avere a che fare con l’esplicitazione materica e con il proporsi agli altri.

Le opere di Dario Palumbo sono un regalo per chi le osserva, perché di una intimità estrema. E la loro universalità sta nel fatto che quell’io tanto soggettivo – che solo per caso si mostra – è un io che trasporta nell’aria temi specifici della contemporaneità e, nello stesso tempo, argomenti universali che possiamo definire, senza timore, “classici”. L’anima del fruitore è messa alla prova, avvolta dalla bellezza del segno e dalla sofisticata scelta dei colori (questi davvero di una contemporaneità sconcertante), e nello stesso tempo viene invitata a parlare con se stessa, a trovarsi, a riconoscersi. C’è in Palumbo un segno importante e deciso, un amore per la materia delle cose e dell’anima che sa di stasi necessaria, di relax turbato. E cosa c’è di più contemporaneo di tutto ciò?

L’inconscio, invece, è nelle sculture di Edoardo Lalli. Un inconscio tenuto, consapevole. Non un ossimoro irrisolto: un punto di arrivo importante per questo artista che da anni colpisce e accarezza il travertino e la pietra leccesse, la pietra-noce di Guardalfiera e il marmo di Carrara. Un punto di arrivo perché Lalli ha conosciuto e trovato il momento da cui tutto parte, per se stesso intendo: lascia andare in libertà ciò che arriva dal profondo ma solo nel suo primo momento. Poi fotografa immediatamente ciò che è nato nell’inconscio e che si è appena manifestato; lo tiene, lo doma, lo restituisce in forme che sanno di lotte combattute e di serenità volute e ottenute, anche se solo provvisoriamente. La vita, dunque, si osserva in sculture che sanno di tempo, temuto e tenuto, e nelle linee femminili che si perdono in vortici e vertigini. Spesso imprendibili, incomprensibili. E cosa c’è di più contemporaneo di tutto ciò?

Deborah

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