Il noto medico racconta la situazione vissuta nel reparto d’emergenza del nosocomio pentro e torna a lamentare la carenza di personale, mezzi e posti letto
ISERNIA. Riporta alla ribalta della cronaca locale la questione del sovraffollamento al pronto soccorso dell’ospedale di Isernia, al fronte della carenza di mezzi e personale. A denunciare una situazione ai limiti dell’impossibile presso il Veneziale è il medico Lucio Pastore che non esita a definire “un inferno” la condizione vissuta giornalmente al presidio d’emergenza pentro e a contestare le scelte governative compiute negli anni, a suo avviso, penalizzanti per la sanità pubblica.
“Abbiamo una media di 3-4 pazienti che hanno necessità di essere dializzati d’urgenza e che stazionano per giorni in pronto soccorso, – racconta Pastore in uno sfogo su Facebook – fratture di femore buttate su barella che attendono disperatamente di essere allocate in qualche reparto, pazienti anziani con scompensi cronici che teniamo anche per una settimana in una struttura senza personale e senza mezzi per gestire la degenza. Tutto questo mentre abbiamo un flusso costante ed interrotto di pazienti che transitano per motivi più o meno seri. Si investe per allargare le sale mortuarie, dopo le situazioni scandalose verificatesi negli ultimi mesi, – tuona il noto medico – ma non si investe per aumentare il personale ed i posti letto e per ammodernare l’attrezzatura. I soldi vengono dati ai privati ma quando questi hanno difficoltà nella gestione dei pazienti lì inviano tramite 118 al nostro pronto soccorso. In Molise abbiamo il paradosso di avere una notevole mobilità attiva che costringe, però, parecchi molisani ad emigrare, ad essere buttati per giorni su lettighe dei pronto soccorsi, ad avere tempi di attesa biblici”.
Parole amare, cui segue la determinazione a cambiare lo stato delle cose. E forse la denuncia, l’ennesima, rappresenta un monito per la classe politica e dirigente che verrà e per la comunità chiamata a decidere.
“Continueremo a lottare – conclude il medico – fino a che sarà possibile ma in assenza di una presa di coscienza collettiva nella difesa dei beni comuni non riusciremo a cambiare il destino di decadenza del nostro territorio”.
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