Franco Sassano, arrestato nell’ambito dell’operazione ‘Jolly’ respinge le accuse: “E’ tutto un equivoco”. Pronto il ricorso del suo legale per chiedere una misura meno afflittiva
CAMPOBASSO. Sarà il Riesame a stabilire se potrà essere concessa una misura meno afflittiva del carcere a Franco Sassano, l’imprenditore 59enne di Vinchiaturo arrestato qualche giorno fa nell’ambito dell’operazione ‘Jolly’ dei carabinieri di Roma con l’accusa, pesante, di riciclaggio. L’istanza è stata presentata dal legale Mariano Prencipe che, al contempo, è al lavoro per preparare una memoria che sarà consegnata agli inquirenti, per chiarire varie aspetti della vicenda, sia dal punto di vista tecnico che contabile.
Intanto ieri mattina in carcere a Campobasso l’imprenditore è stato ascoltato dal gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia. “Franco Sassano – ha affermato l’avvocato Prencipe – è finito in un calderone al quale non appartiene. Il suo nome è emerso per una serie di equivoci, tutta la sua vicenda è un grosso equivoco. Non posso parlare di quanto detto nel corso dell’interrogatorio, ma posso certamente ribadire che un imprenditore che fattura 28 milioni di euro all’anno e che garantisce stipendi e contribuzione regolare ad almeno 70 dipendenti, non ha alcun bisogno di riciclare una somma come quella contestata che ammonta a poche centinaia di migliaia di euro. Sassano è stato tirato in ballo da un rappresentante del caseificio che aveva come zona di lavoro proprio quella del Lazio e che nei suoi rapporti con alcuni dei soggetti indagati e poco affidabili ha tirato in ballo l’amministratore unico del caseificio molisano all’oscuro invece di ogni cosa”.
Venti le persone coinvolte tra Roma, Milano, Bari, Vicenza, Pordenone, Viterbo e Campobasso e Londra. Sono accusate a vario titolo dei reati di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità, autoriciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Un giro di affari di 18 milioni di euro messo in piedi da due organizzazioni criminali: la prima, riconducibile a due imprenditori romani che negli anni hanno riciclato 15 milioni di euro provenienti dalla comunità cinese; la seconda a un altro imprenditore della provincia di Roma che ha riciclato 3 milioni di euro provenienti dal traffico di droga.
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