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Spopola a Isernia lo spettacolo ‘Tutti cantano Sanremo live’: l’intervista a Povia, mattatore della serata

Pienone all’auditorium ‘Unità d’Italia’ per il concerto gratuito della compagine isernina, per l’occasione accompagnata dall’artista milanese famoso per le sue opinioni controverse. “Quando tocchi i temi sociali diventi divisivo, per questo sono stato cacciato dall’ambiente della ‘musica che conta’”


ISERNIA. Quando giungiamo in auditorium, nel pomeriggio, il palco è già pronto. Sulla scena la band sta provando il brano che accompagnerà l’ospite d’onore della serata. L’atmosfera è professionale, ma rilassata. Tutti sanno cosa devono fare e come, e la macchina organizzativa si sta muovendo con la precisione di un orologio. Dietro le quinte volteggiano tecnici, fonici, ballerini e i tanti membri dello staff. ‘Tutti cantano Sanremo’ è un progetto nato l’anno scorso con lo scopo di portare nelle piazze nostrane e non solo la buona musica dal vivo, quella che ha accompagnato la nostra storia sia personale che di italiani: i successi nati in seno al Festival della canzone italiana. Nel concerto d’apertura del tour 2018 i ragazzi della band hanno deciso di ospitare uno dei vincitori dell’emblematica kermesse canora per arricchire un concerto già piacevole di per sé e dare il più possibile risalto a un evento totalmente gratuito che – lo ricordiamo, perché è doveroso – è stato possibile solo grazie alla partecipazione dei numerosi sponsor e all’impegno di tanti volontari, amici di questi ragazzi orgogliosamente isernini.

È così che troviamo Giuseppe Povia, sul palco, a dirigere le prove. L’artista, conosciuto per le sue posizioni politiche e sociali controverse, ha spesso diviso il pubblico: c’è chi lo adora per la sua semplicità e per il suo essere diretto, chi invece lo contesta – anche con forza – con accuse di fascismo e omofobia. Non capita spesso però, specie ultimamente, che Povia abbia l’occasione di spiegare alcune sue idee ai microfoni dei giornalisti. A noi si è presentato con semplicità e con il sorriso, e con una disponibilità rara a trovarsi in nomi di spicco.

Come ti trovi nella nostra zona? Com’è stata l’accoglienza?
“Nella zona di Isernia vengo spesso, e sono già stato in parecchi paesi qui vicino, Venafro, Pescopennataro… al Sud sono molto richiesto. Oggi poi ho conosciuto dei ragazzi molto bravi, giovani. ‘Tutti cantano Sanremo’ è un’idea che mi piace e che secondo me funziona molto, perché cantare le canzoni di Sanremo in piazza vuol dire fare la musica che conoscono tutti: suonare insieme a questi ragazzi mi ha ricordato di quando sono salito sul palco di Sanremo e avevo dietro un’orchestra che non conosceva la mia canzone bene quanto la conoscevo io, ma la suonava sempre meglio di giorno in giorno. Una bellissima esperienza. Meno male che ci si muove al Sud, perché al Nord, porca miseria!”.

Sei in tour da tanto tempo, com’è impostato il tuo concerto? A cosa dai più spazio, a cosa meno?
“Ho due tipi di concerti, uno social-politico – perché ho fatto un disco su questi temi – organizzato in serate a tema con persone che masticano di economia, di finanza. Qui traduco in musica questi argomenti: spesa deficit, debito pubblico, revisionismo storico. Il Sud – compresa Isernia – è stato derubato da questa Italia che doveva essere fatta, dimenticandosi di fare gli italiani. Un po’ come ora che vogliono fare l’Europa e si dimenticano di fare gli europei. L’altro spettacolo invece è la grande festa, il ‘Divertimen-tour’ dove coinvolgo la gente dall’inizio alla fine usando i successi di Sanremo – I bambini fanno Ooh, Luca era gay, Vorrei avere il becco, La verità – e poi butto dentro tantissime canzoni/slogan facilissime da cantare anche se le senti per la prima volta. Due ore passano così, in un attimo, e i comitati dicono ‘l’anno prossimo rivogliamo Povia’, anche perché a livello di qualità-prezzo… forse dovrei chiedere il doppio!”.

Parlando di impegno per il sociale, hai fatto discutere con la tua canzone Immigrazìa.
“Immigrazìa è tutto ciò che gira attorno a questa grande deportazione di immigrati che purtroppo arrivano da noi e sono i ‘nuovi schiavi’. Io ho fatto una canzone a favore degli immigrati ed è stata presa al contrario: mi hanno dato del razzista, perché oggi le ‘parole magiche’ sono quelle. Se sei politicamente scorretto innanzitutto vuol dire che hai centrato il punto, però vieni subito tacciato di populismo, demagogia, razzismo. In realtà Immigrazìa è un brano che contesta il sistema di deportazione di tutti questi immigrati. Partiamo dallo sfatare il mito dei vecchi emigranti nostri, che dall’unità d’Italia in poi hanno cominciato a spostarsi verso le Americhe, verso il Brasile, la Nuova Zelanda, verso tutti gli stati del mondo. Lì i nostri nonni e bisnonni erano proprio richiesti, partivano col biglietto autorizzato, ma venivano tenuti in quarantena – cioè quaranta giorni chiusi per controlli fisici e psicologici – e la nostra immigrazione era controllata, perché noi eravamo la nuova manodopera. Magari gli stipendi erano bassi anche allora, però c’era da ricostruire un mondo, mentre adesso non c’è lavoro. Ecco perché uno viene scambiato per razzista, perché magari questi ragazzi arrivano e non fanno niente tutto il giorno, poi la gente si arrabbia e salgono al potere i partiti cosiddetti di destra. Ma la verità dei fatti è sotto gli occhi di tutti”.

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Pietro

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