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Sant’Antonio e WhatsApp: come ti spezzo le Catene

Un malcostume digitale che sfocia in spam o fake news: parla l’I-Forensics Team


Che il santo frate eremita abbia deciso di utilizzare WhatsApp per la sua opera di evangelizzazione, non è un’idea affatto malvagia, se si considera il numero di messaggi che vengono inviati e ricevuti ogni giorno sul proprio smartphone. Ma, nello slang informatico, il suo nome è legato (purtroppo) a un fenomeno fastidioso e, a volte, anche pericoloso: quello delle cosiddette ‘Catene’.

Secondo Wikipedia, una ‘Catena di Sant’Antonio’ è “un sistema per propagare un messaggio inducendo il destinatario – con minacce velate od esplicite – a produrne molteplici copie da spedire, a propria volta, a nuovi destinatari”. Una Catena di Sant’Antonio è una moda che si diffonde in rete, tra gli utenti, in modo esponenziale, per disseminazione, per condivisione, per imitazione. Secondo la leggenda, Sant’Antonio Abate Eremita (250-356 d.C.) scrisse una lettera al duca d’Egitto ammonendolo che se non avesse posto fine alla persecuzione contro i cristiani, Dio stesso lo avrebbe punito con la morte. Il Santo, inoltre, lo invitò ad inviare la stessa missiva a tutte le altre autorità della zona, affinché accogliessero anche loro il suo monito. Il duca ignorò l’ammonimento e, dopo qualche giorno, cadde dal suo cavallo e morì. Da questo episodio, ha inizio la diffusione delle Catene di Sant’Antonio. Le prime Catene utilizzavano il tradizionale servizio postale: lettere e cartoline venivano inviate ad amici e conoscenti per chiedere preghiere o per raccogliere fondi per aiuti umanitari. Poi, con la diffusione di computer e cellulari, ‘e-mail’ e ‘SMS’ presero il posto del cartaceo. Con la comparsa di app di messaggistica istantanea e dei social network, il fenomeno è letteralmente esploso costituendo, in alcuni casi, un vero e proprio problema. La tecnologia permette, infatti, di inoltrare, con una singola e rapida operazione, lo stesso messaggio a un numero indefinito e indefinibile di destinatari, finendo col saturare la Rete.

Le Catene che oggi rimbalzano da un contatto all’altro sono davvero tante e diverse tra loro: si va dalla classica ‘lettera portafortuna’, corredata da un breve testo educativo e moraleggiante, alla richiesta di aiuto per un bambino malato o un cucciolo in pericolo, fino a quelle che contengono promesse di facili e rapidi guadagni o che, addirittura, minacciano sfortuna e morte se venissero interrotte. Grazie alle Catene di Sant’Antonio trovano rapida diffusione anche notizie sconvolgenti e false che annunciano imminenti catastrofi naturali o la morte del personaggio famoso particolarmente amato dal pubblico.

Per contrastare Spam (pubblicità invadente e non voluta) e Fake News (notizie false e tendenziose), nella prossima versione per Android di WhatsApp, verrà inserita un’etichetta (riportante la scritta Forwarded-Inoltrato) in tutti quei messaggi che vengono copiati/rimbalzati da un’altra conversazione. L’etichetta, che sarà visibile sia nella chat del ricevente che in quella del mittente, comparirà, però, soltanto se il messaggio verrà inoltrato con l’apposita funzione ‘Inoltra’. Il comando permette, infatti, di inviare velocemente lo stesso messaggio a più di un utente, cosa che diventerebbe abbastanza macchinosa se si decidesse di copiarlo e incollarlo in ogni singola conversazione. In questo modo, l’utente di WhatsApp sarà in grado di capire se ha di fronte a sé un messaggio individuale, originale o il sequel di una Catena di Sant’Antonio. Al momento, la ‘feature’ (cioè la caratteristica) è disponibile solo sulla versione beta di WhatsApp (la n. 2.18.179), ma è probabile che, a giorni, sarà implementata anche sulla versione stabile del programma e per tutti i sistemi operativi mobili. Nell’attesa che il team di sviluppo dell’app trovi efficaci e definitive soluzioni a questi malcostumi digitali, è consigliabile non partecipare ad alcuna Catena di Sant’Antonio, diffidando di tutto ciò che essa diffonde, promette o minaccia.

I-Forensics Team

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Pasquale

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