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Sistemi GPS con privacy incorporata e rischi di monitoraggio su lavoratori e terzi

Gli ultimi dispositivi del Garante spiegati dall’esperto


di Pamela La Farciola

MEDIA&TECNOLOGIA. La privacy di un prodotto o di un servizio va tutelata fin dall’origine, ovvero fin dalla fase di progettazione, in linea con i principi sanciti dalla nuova normativa europea in materia di protezione dati personali (GDPR 679/2016). Questo è uno dei principi cardine seguiti dall’Autorità garante privacy che, infatti, in applicazione del Regolamento Ue, ha ingiunto per la prima volta a un fornitore di servizi di geolocalizzazione, di incorporare forme di protezione e tutela della privacy direttamente nelle funzionalità del prodotto, attenendosi al principio di minimizzazione dei dati e a quello di privacy by design e privacy by default. Solo così il cliente potrà usufruire di un sistema pienamente adattabile alle proprie esigenze organizzative e di sicurezza [cfr. doc. web n. 9023246 sul sito ufficiale del Garante Privacy].
Il servizio “standard” dovrà essere rimodulato con particolare riguardo agli intervalli temporali di rilevazione della posizione geografica dei veicoli ed ai tempi di conservazione dei dati (ora stabiliti in 365 giorni) nonché alla memorizzazione e messa a disposizione delle mappe di tutti i percorsi effettuati. La società dovrà, inoltre, fornire una informativa chiara e non ambigua ai propri clienti circa la possibilità di adattare le caratteristiche del servizio alle concrete finalità perseguite. La funzione che consente la disattivazione del GPS dovrà essere resa disponibile per tutti i tipi di abbonamento al servizio senza eccessivi costi aggiuntivi.

L’azione del Garante ha preso l’avvio dalla segnalazione di un dipendente di una società che utilizza il servizio di localizzazione sulla propria flotta aziendale e si è reso necessario a causa della diffusione sul mercato del servizio le cui caratteristiche non sono risultate conformi alla normativa in materia di protezione dei dati e a quella sui controlli a distanza dei lavoratori.

Dagli accertamenti, svolti dall’Autorità privacy anche con la collaborazione ispettiva della Guardia di Finanza, è emerso, infatti, che il sistema, delle cui caratteristiche peraltro i dipendenti non erano stati informati, consentiva il monitoraggio continuo dell’attività del dipendente, in violazione dei principi di necessità e proporzionalità. Inoltre, visto che le autovetture potevano essere utilizzate anche al di fuori dell’orario di lavoro e pure da congiunti dei dipendenti, tale sproporzionata attività di raccolta e conservazione dei dati tratti dalla geolocalizzazione del veicolo consentiva di fornire informazioni sul lavoratore non rilevanti rispetto allo svolgimento dell’attività lavorativa (in violazione di legge, in particolare dell’art. 8 dello Statuto dei lavoratori) nonché su terzi estranei quali potevano essere ad esempio i familiari degli stessi lavoratori.

In conclusione, rileva opportuno sottolineare come il Garante privacy, vietando l’ulteriore trattamento dei dati alla società che ha installato il sistema e prescrivendo al fornitore di adeguare il sistema alla disciplina europea sulla protezione dei dati, è intervenuto a ripristinare una situazione di violazione e soprattutto ha effettuato uno dei primi interventi in evidente conformità al nuovo Regolamento europeo sulla protezione dati personali.

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