Comune di Castelpizzuto contro Castellina, il Tar sentenzia: concessione al privato subordinata a quella municipale

I giudici amministrativi annullano i provvedimenti della Regione Molise che consentono alla società delle acque minerali la captazione dalle sorgenti di località Folgara-Casale


CAMPOBASSO/CASTELPIZZUTO. Il contenzioso tra amministrazione municipale e società va avanti da anni. Con il Comune che, sotto diversi sindaci, ha denunciato l’appropriazione dell’acqua pubblica con tanto di comunità “lasciata a secco”. E l’azienda privata che, dal suo canto, ha sempre rivendicato il possesso di tutte le concessioni necessarie per la captazione delle acque dalle sorgenti di Località Folgara-Casale.

La vicenda è quella che vede contrapposti Comune di Castelpizzuto e Italian Beverage Srl, subentrata alla Castellina Spa nella gestione del complesso aziendale della fonte idrica. Che oggi è arrivata ad un nuovo punto di svolta. Con il Tar che ha stabilito la ‘restituzione’ dell’acqua all’uso pubblico.

Il procedimento in oggetto è quello avviato dall’amministrazione contro la Regione Molise, proprio per la revoca delle concessioni alla società del patron Camillo Colella.

Ed ecco che il Tribunale Amministrativo ha inteso annullare i provvedimenti impugnati.

“Il Comune – si legge nella sentenza – possiede ‘un titolo poziore rispetto alla società privata, in ragione della precedenza, in ordine temporale, della sua concessione (per il principio “prior in tempore, potior in jure”). Tale assunto, invero, non risulta smentito dal ‘decisum’ di cui alle sentenze di questo Tar. nn. 505/2013 e 506/2013, che hanno viceversa rinvenuto l’illegittimità della concessione mineraria rilasciata nel 1993 e rinnovata in favore della società Castellina nel 2004 (con naturale scadenza al novembre 2013). L’assunto è, poi, confermato dal fatto che per l’acquedotto comunale di Castelpizzuto, sin dal 1978, erano state pianificate, finanziate e realizzate opere di connessione alla fonte S2, per compensare i periodi di magra della sorgente Aquina, dalla quale originariamente era attinta dal Comune l’acqua a uso potabile, per l’approvvigionamento della comunità cittadina’. Alla luce di tale considerazione in fatto, la ‘nuova utenza’ di cui all’art. 47 citato non è quella del Comune, bensì quella del privato, sicché la concessione al privato dev’essere subordinata o quantomeno coordinata a quella comunale – proseguono i giudici – e non può essere indipendente da essa, salvo che non si realizzi nella regolazione del couso idrico una reale separazione delle portate”.

Una vicenda che non si esclude avrà ancora nuovi risvolti.

 

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